Lo spettacolo è il discorso ininterrotto che l'ordine presente tiene su se stesso, il suo monologo elogiativo. È l'autoritratto del potere all'epoca della gestione totalitaria delle condizioni di esistenza. L'apparenza feticista di pura oggettività nelle relazioni spettacolari nasconde il loro carattere di relazioni fra uomini e classi: una seconda natura sembra dominare il nostro ambiente con le sue leggi fatali. Ma lo spettacolo non è il prodotto necessario dello sviluppo tecnico visto come sviluppo naturale. La società dello spettacolo è al contrario la forma che sceglie il proprio contenuto tecnico. Se lo spettacolo, considerato sotto l'aspetto ristretto dei «mezzi di comunicazione di massa», che sono la sua manifestazione superficiale più opprimente, può sembrare invadere la società come una semplice strumentazione, questa in effetti non è nulla di neutro, ma la strumentazione stessa che conviene al suo automovimento totale. Se i bisogni sociali dell'epoca in cui si sviluppano delle simili tecniche non possono trovare soddisfazione che tramite la loro mediazione, se l'amministrazione di questa società e ogni contatto fra gli uomini non possono più esercitarsi che per l'intermediario di questa potenza di comunicazione istantanea, è perché questa «comunicazione» è essenzialmente unilaterale; di modo che la sua concentrazione non fa che accumulare nelle mani dell'amministrazione del sistema esistente i mezzi che le permettono di continuare questa amministrazione determinata. La scissione generalizzata dello spettacolo è inseparabile dallo Stato moderno, vale a dire dalla forma generale della scissione nella società, prodotto della divisione del lavoro sociale e organo del dominio di classe.
1 commento:
Il grassetto è mio. Credo che l'aggettivo «superficiale» in quella frase non sia messo lì per caso, ma andrebbe sottolineato 100 volte. Scorrendo nuovamente il primo capitolo, mi rendo conto che possa sembrare fuorviante, ad una prima lettura.
Forse si saranno già notati alcuni temi ricorrenti, in particolar modo quello del "potere separato". Immagino che con tale termine, Debord si riferisse generalmente ad ogni forma di potere per classi, ma non ci metterei la mano sul fuoco, altrimenti non si spiegherebbe l'uso di tale termine specifico.
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