8 febbraio 2007

Potevate dirlo prima, cari i miei architetti /1

Alberto, uno dei miei advisors, mi aveva parlato delle critiche che fanno all'Accademia dove lavoro (lavoro non è proprio il termine adatto... anche se loro sono quelli che mi pagano). Nei giorni passati mi era sembrato perlomeno buffo, vedere pubblicizzato un esame con tanto di volantini appesi in bacheca; tanto più che alcuni di questi recavano stampate le foto degli studenti esaminandi. Una cosa inconsueta, vedere trattato un esame in modo così informale; strana per chi come me viene dal burocratico mondo della Sapienza, quello che la mattina arrivavi all'appello per sapere non tanto di che morte dovevi morire, ma quando ti sarebbe toccata, visto che una persona non può fare più di 20 esami al giorno...
Qui invece le critiche, l'esame in cui il professore e la commissione giudicano i progetti svolti durante il corso, sembrano più a metà tra una comunione ed una prova di saggio. Con tanto di amici che fanno le foto. Mancano giusto i parenti commossi, ecco.

Io sono andato a vedere la critica di non so quale cattedra, visto che il progetto di quest'anno - così mi aveva detto l'unica altra Romana che c'è qui - verteva su Piazza Augusto Imperatore.

Io a quella piazza ci sono in un certo senso legato. Nei miei vagabondaggi del caro vecchio centro storico, ci andavo quasi sempre a finire (ahimè, notare il passato). Ci sono quei grossi portici dei palazzoni fascistissimi che chiudono 3 lati della piazza, come a volerne definire l'unico orizzonte artificiale e bianco sporco, in cui mi capitava spesso d'andare a sostare a causa della pioggia (dopo aver smesso di portare l'orologio dall'età di 15 anni, ad un certo punto della mia vita ho deciso che anche l'ombrello è uno strumento mediamente inutile). Una Domenica pomeriggio stetti lì sotto con la bici per ore e ore e ore, ad aspettare la pioggia che terminasse.

Quella piazza è sempre stata diversa dal resto del centro di Roma. I miei primi ricordi, credo d'averli legati a dei primi pomeriggio assolati, in cui io e mia sorella venivamo trascinati in centro "a fare una passeggiata", dai nostri genitori. E quella piazza sempre deserta.

"Le cose cambiano" (disse il Dalai Lama); è cambiato quello che ancora nei miei ricordi doveva essere il centro storico di una città Italiana uscita dagli anni '70 ma non ancora riempita di negozi per coatti e megastore di cd. Con l'unica fortuna che ancora di Roma si tratta. E anche Piazza Augusto Imperatore è cambiata, pian pianino, nel tempo. La domenica ci fanno il mercatino dell'antiquariato, sotto i portici ovviamente; e sempre lì sotto sono spuntati dei ristoranti na ciiifra chiccosi, e poi vabbè, ad un certo punto un uomo chiamato Francesco Rutelli ha deciso che andava fatto qualcosa.

Se c'è qualcosa di buono che si può riconoscere a Walter Veltroni, è di averci liberato se non altro da Francesco Rutelli, spurgo della politica Italiana. La vicenda dell'Ara Pacis di Richard Meyer, che tanto ha fatto discutere durante l'ultima campagna elettorale, è tutta nata sotto il Rutellato.

Pare che Rutelli, che nella sua carriera ci ha regalato le striscie blu ed una moglie in grado di far sembrare Giuliano Ferrara - per semplice accostamento - un tipo simpatico, abbia deciso che lo stile di Meyer fosse "il più fascista" sulla piazza al momento; ed essendo egli (Rutelli) architetto mancato, che queste sue grandi capacità di giudizio fossero per lui sufficienti per decidere da solo di dare il progetto al nostro Richard. Progetto che nessuno pare abbia mai visto fino all'ultimo, tralaltro.

Ma fin qui i pare. Cosa certa è che io sull'Ara Pacis di Meyer ho cambiato idea dopo averla visitata, e che gli ultimi riserbi in merito al piazzale d'ingresso li abbia disciolti una volta terminato effettivamente i lavori (si sa, sotto campagna elettorale tocca inaugurare, inaugurare ed ancora inaugurare). Altra cosa certa è che io su questa Ara Pacis c'ho anche litigato con mia sorella, che da brava storica dell'arte vede come il fumo negli occhi qualsiasi cosa che sia contemporaneo o post-moderno. Figuriamoci poi se nel pieno centro del tridente capitolino!

Questo per dire che insomma, a questa critica ci sono andato pure incuriosito, euforico anche (eccheccazzo, co tutta sta 'Svizzera un po' di Roma ce voleva proprio!).

(continua)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

aah... la descrizione dell'esame finale sembrava fatta pensando alla mia facoltà, chiasso, foto, amici, chiacchiera a volte informale con la commissione.. con qualche prof ci si dava pure del TU! tipico delle facoltà dove l'esame non si svolge in quel preciso momento ma sulla base di un lavoro fatto durante l'anno.. il giorno della verifica finale è solo burocrazia, firme e verbali... incredibile a dirsi ma c'è anche chi si faceva prendere dal panico! ridicoli! :)

Junkie ha detto...

Aspetta aspetta, non ho ancora finito ;-)