«You write "Born to Kill" on your helmet and you wear a peace button. What's that supposed to be, some kind of sick joke?»
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14 novembre 2011
«Ma non puoi paragonare il Berlusconismo al Fascismo!»
Lo so. Ma sono cresciuto sotto la Casa della Libertà, quindi anche io faccio un po' come cazzo mi pare.
9 novembre 2011
Quasi da gioirne
Il pomeriggio al Senato è passato quindi in un clima quasi sospeso, ma c'è stato comunque un protagonista, sia pure dietro le quinte. Subito dopo il voto della Camera il presidente della commissione Antimafia, Beppe Pisanu, ha ricevuto decine di telefonate di senatori della maggioranza che, con motivazioni diverse, gli hanno espresso la loro contrarietà a ogni ipotesi di elezioni anticipate. Non che si tratti di una «corrente pisaniana». Ma, diciamo così, di una variegata «massa di manovra» di senatori disposti - dopo le dimissioni del governo Berlusconi - a sostenere un nuovo governo in modo da evitare le elezioni. Un numero comunque nutrito, che, secondo alcuni, potrebbe raggiungere addirittura una trentina di senatori. [*]
Comunque una cosa positiva nella resa di Berlusconi è che di colpo il parlamento sembra essere ritornato un'istituzione autonoma e non più subordinata al governo. Sono finiti i tempi in cui l'On. Elio Vito (Vito! Ma che fine avrà fatto??) si alzava dalla seggiola, annunciava che il governo poneva la fiducia, e si rimetteva comodo comodo a sedere. Che odio che mi saliva! Eppure per la maggior parte degli Italiani quello era il «governo del fare», una cosa positiva. Per me invece era la morte della democrazia pura e semplice.
Ora, invece, in qualità di rappresentati del popolo, i parlamentari decideranno se appoggiare questo o quel governo. Ci sarebbe quasi da gioirne -- se non fosse che i rappresentati non hanno avuto alcuna voce in capitolo nella scelta dei loro rappresentanti.
Berlusconi ha vinto, ovvero, il dito che indica la luna
Molto scalpore hanno suscitato gli epiteti con cui il sottosegretario alla Difesa On. Guido Crosetto ha definito il suo capo. Il motivo è semplice: non puoi dare del «testa di cazzo» al capo, è sacrìlego. Sentire un peone che insulta il re era quello che aspettavamo da anni. Con cura, da sopraffini antropologi culturali quali siamo diventati, ci siamo messi a disquisire del concetto del corpo del capo, la sua valenza totemica, e di tutte queste altre menate.
Anziché a Roma per dimettersi, Berlusconi era a pranzo con Marina e Piersilvio, rispettivamente amministratori di Mondadori e Mediaset, e con Fedele Confalonieri, il suo braccio destro di una vita. Di cosa discutessero, non ci vuole certo una laurea in Scienze Politiche per capirlo -- figurarsi una in Antropologia.
Eccolo qua, in tutto il suo mefitico splendore, il conflitto d'interessi. Ma nessuno ne parla, è il «testa di cazzo» che fa notizia. Il popolo non presta attenzione alla luna, preferisce concentrarsi sul dito che la indica. Seppure involontariamente, con quel «testa di cazzo» Crosetto stava indicando la luna.
Berlusconi può anche dimettersi domani. Ha già vinto da anni, e l'altro ieri ne abbiamo avuto l'ennesima, triste, dimostrazione.
Anziché a Roma per dimettersi, Berlusconi era a pranzo con Marina e Piersilvio, rispettivamente amministratori di Mondadori e Mediaset, e con Fedele Confalonieri, il suo braccio destro di una vita. Di cosa discutessero, non ci vuole certo una laurea in Scienze Politiche per capirlo -- figurarsi una in Antropologia.
Eccolo qua, in tutto il suo mefitico splendore, il conflitto d'interessi. Ma nessuno ne parla, è il «testa di cazzo» che fa notizia. Il popolo non presta attenzione alla luna, preferisce concentrarsi sul dito che la indica. Seppure involontariamente, con quel «testa di cazzo» Crosetto stava indicando la luna.
Berlusconi può anche dimettersi domani. Ha già vinto da anni, e l'altro ieri ne abbiamo avuto l'ennesima, triste, dimostrazione.
12 ottobre 2011
Oggi la federazione romana di Sinistra e Libertà ha deciso che bisognava rendere omaggio ad una figura che ha fatto tanto per gli ideali della sinistra. La scelta era talmente vasta da provocare il proverbiale imbarazzo. Si poteva per esempio festeggiare il nobel per la pace a Ellen Johnson Sirleaf, il primo presidente della Liberia dopo anni di guerra civile; oppure Tawakkul Karmān, giornalista e attivista dello Yemen e protagonista della primavera Araba; o Anna Politkovskaja (in memoriam), giornalista russa uccisa da mano ignota per via delle sue inchieste sulla Cecenia.
Insomma, il materiale non mancava, però è anche vero che i paesi Africani stabilizzati o le rivoluzioni democratiche del medioriente fanno poca presa sul cittadino. E quindi a Sinistra e Libertà hanno pensato bene di salutare Steve Jobs:
La prima cosa che ho pensato, forse la più seria di questo post, è che un carattere tipografico con le grazie non si accompagna affatto alla mela della Apple e alla tipografia del simbolo di SeL. In seconda battuta ho pensato quello che tutti gli altri hanno pensato e cioè che Steve Jobs non è esattamente un esempio degli ideali della sinistra.
O no? È vero che Steve Jobs non potrebbe essere un mito per la sinistra? Qualche giorno fa Kieran Healy, in un post molto interessante sulla sociologia della leadership carismatica, affrontava esattamente questo problema:
Insomma, il materiale non mancava, però è anche vero che i paesi Africani stabilizzati o le rivoluzioni democratiche del medioriente fanno poca presa sul cittadino. E quindi a Sinistra e Libertà hanno pensato bene di salutare Steve Jobs:
La prima cosa che ho pensato, forse la più seria di questo post, è che un carattere tipografico con le grazie non si accompagna affatto alla mela della Apple e alla tipografia del simbolo di SeL. In seconda battuta ho pensato quello che tutti gli altri hanno pensato e cioè che Steve Jobs non è esattamente un esempio degli ideali della sinistra.
O no? È vero che Steve Jobs non potrebbe essere un mito per la sinistra? Qualche giorno fa Kieran Healy, in un post molto interessante sulla sociologia della leadership carismatica, affrontava esattamente questo problema:
This is a well-recognized problem with technological utopias: goods that are simple and elegant to use are often difficult and dangerous to make. So it’s an elegant, creative, meaningful future for me, but a lifetime toiling on a Foxconn production line for thee. This dissonance is made worse for a company like Apple precisely because there’s so much emphasis placed on the personal quality of the object, and such close attention to its design. Jobs wanted people to love his products, take care to notice their craftsmanship, and be creative with them. They were supposed to help you make and do awesome things. But this love and attention to creativity was not extended to those involved in the manufacturing process.In fondo la sinistra è anche quella dei partiti dei consumatori, quella in cui la carriera politica si fa conducendo un talk show sui diritti dei consumatori. Tutto sommato, non c'è di che stupirsi molto: oggi abbiamo solo visto che la ricerca di figure carismatiche a sinistra può assumere caratteri patologici. O comici. In ogni caso, mediocri dal punto di vista tipografico.
6 ottobre 2011
Il machiavelli dei wiki
A scanso di equivoci, vorrei precisare che il post precedente l'ho fatto più per
divertimento, che per una reale presa di posizione. È vero: in
questa vicenda della querela mi sento sostenitore degli
amministratori di Nonciclopedia. Però Però la cosa vale solo a pelle, perché è anche vero che non si può avere
fiducia nella magistratura un giorno sì e l'altro no. Quindi alla fine
si deve ammettere ciò che è palese: il colpo mediatico di quelli di
Nonciclopedia è stato solo un colpo mediatico. Motivato da ragioni
pratiche molto chiare, per carità. Ma questo non cambia la questione
posta (qui e qui), tra i pochi, da Luigi Castaldi alias Malvino -- il mio intellettuale
preferito della blogsfera.
La questione che Malvino pone non mi trova totalmente in accordo, per motivi che cercherò di spiegare di seguito, ma ridotta all'osso è la seguente: cercare l'aiuto dell'opinione pubblica per zittire una denuncia, invece di sostenere le proprie ragioni davanti ad un giudice, è un modo d'agire scorretto. Si combatte il processo, e non nel processo. Insomma, si finisce per essere esattamente come Berlusconi, quel tipo che, per gli stessi motivi, tanto disprezziamo.
Poi ovviamente ci sono le considerazioni a giustificazione del gesto degli admin di Nonciclopedia: elencatele voi per me, tanto sono stranote. L'unica di esse che mi pare realmente seria è quella che si potrebbe chiamare dell'ultima ratio, e cioè che il gesto dello sciopero sia stata l'ultima opzione a disposizione degli admin nei confronti degli avvocati di Vasco Rossi che, almeno stando a quanto riportato dai nonciclopediani, non hanno mai mostrato altra intenzione se non quella di risolvere la cosa per vie legali.
Ora, questo dettaglio di certo non va ad intaccare la critica fatta da Malvino, ma vale la pena comunque di tenerlo presente: quando si tratta di individuare responsabilità autoriali — così come meriti — i wiki sono, per loro natura, ineffabili. Detto in parole povere: non si sa chi ha scritto cosa, e quindi il modo che, in genere, le comunità wiki hanno di agire è improntato alla pura pragmaticità: nelle questioni legali la comunità metterà sempre per primi gli interessi del progetto; le questioni di principio, invece, vengono dopo. È un modo di ragionare da cinici, lo ammetto, ma bisogna capire che Nonciclopedia, Wikipedia e i wiki in generale non sono dei semplici gruppetti di amici. È sbagliato attribuirgli le stesse prerogative di un singolo autore. I wiki sono delle organizzazioni. Dinamiche, certo. Instabili, certissimamente. Ma sempre organizzazioni sono, e quindi non ci si deve stupire che agiscano in questo modo.
La questione che Malvino pone non mi trova totalmente in accordo, per motivi che cercherò di spiegare di seguito, ma ridotta all'osso è la seguente: cercare l'aiuto dell'opinione pubblica per zittire una denuncia, invece di sostenere le proprie ragioni davanti ad un giudice, è un modo d'agire scorretto. Si combatte il processo, e non nel processo. Insomma, si finisce per essere esattamente come Berlusconi, quel tipo che, per gli stessi motivi, tanto disprezziamo.
Poi ovviamente ci sono le considerazioni a giustificazione del gesto degli admin di Nonciclopedia: elencatele voi per me, tanto sono stranote. L'unica di esse che mi pare realmente seria è quella che si potrebbe chiamare dell'ultima ratio, e cioè che il gesto dello sciopero sia stata l'ultima opzione a disposizione degli admin nei confronti degli avvocati di Vasco Rossi che, almeno stando a quanto riportato dai nonciclopediani, non hanno mai mostrato altra intenzione se non quella di risolvere la cosa per vie legali.
Ora, questo dettaglio di certo non va ad intaccare la critica fatta da Malvino, ma vale la pena comunque di tenerlo presente: quando si tratta di individuare responsabilità autoriali — così come meriti — i wiki sono, per loro natura, ineffabili. Detto in parole povere: non si sa chi ha scritto cosa, e quindi il modo che, in genere, le comunità wiki hanno di agire è improntato alla pura pragmaticità: nelle questioni legali la comunità metterà sempre per primi gli interessi del progetto; le questioni di principio, invece, vengono dopo. È un modo di ragionare da cinici, lo ammetto, ma bisogna capire che Nonciclopedia, Wikipedia e i wiki in generale non sono dei semplici gruppetti di amici. È sbagliato attribuirgli le stesse prerogative di un singolo autore. I wiki sono delle organizzazioni. Dinamiche, certo. Instabili, certissimamente. Ma sempre organizzazioni sono, e quindi non ci si deve stupire che agiscano in questo modo.
25 settembre 2011
Che fine ha fatto la coerenza?
A parte il modo, assolutamente ridicolo ed inefficace, di «smascherare» i politici omosessuali omofobi che quelli di — evviva l'immaginazione — “listaouting” hanno scelto, ci trovo un problema etico su cui mi sto lambiccando da un po'. Non è quello della privacy, ma semplicemente una questione di forma — e dunque di sostanza, visto che stiamo parlando di un atto politico.
Quando una persona omosessuale decide, di propria iniziativa, di fare outing sa che andrà incontro ad un serie di discriminazioni da parte della società, ma allo stesso tempo sa anche che questo atto gli permetterà di vivere alla luce del sole i propri comportamenti sessuali e — fattore ben più importante — di segnalare la propria esistenza alle altre persone, gay e non, che combattono per i suoi stessi diritti. Quel «venire alla luce» permette quindi di creare una rete di contatti sociali, e quando si è in rete è più facile combattere contro le discriminazioni, ma esige un costo. Questo costo dipenderà dal contesto sociale e culturale in cui ci si trova: in certi casi uscire fuori dal ripostiglio («out of the closet») richiede coraggio, in altri addirittura disperazione.
Ora, l'outing si può anche rivelare un'arma formidabile per attaccare un avversario politico. Su questo punto trovo che la faccenda della privacy sia marginale: sono d'accordo con Giovanni Fontana quando dice che un omosessuale ha lo stesso diritto ad essere omofobo di un eterosessuale — cioè nessun diritto. Certo: puoi avere la tua opinione, ma allora preparati a difenderla in un confronto dialettico come qualunque altra; qui non rilasciamo patenti speciali ai detentori di posizioni discriminatorie, mi spiace.
Tuttavia mi rimane un dubbio: l'outing, in quanto arma d'offesa politica, è efficace perché parte dall'osservazione che queste persone ne pagheranno in pieno i costi in termini di discriminazioni, ma non ne otterranno alcun beneficio, data la loro appartenenza politica. Non si sta forse usando come arma ciò che si vorrebbe eliminato per sempre dalla società?
I commenti sono bene accetti.
Quando una persona omosessuale decide, di propria iniziativa, di fare outing sa che andrà incontro ad un serie di discriminazioni da parte della società, ma allo stesso tempo sa anche che questo atto gli permetterà di vivere alla luce del sole i propri comportamenti sessuali e — fattore ben più importante — di segnalare la propria esistenza alle altre persone, gay e non, che combattono per i suoi stessi diritti. Quel «venire alla luce» permette quindi di creare una rete di contatti sociali, e quando si è in rete è più facile combattere contro le discriminazioni, ma esige un costo. Questo costo dipenderà dal contesto sociale e culturale in cui ci si trova: in certi casi uscire fuori dal ripostiglio («out of the closet») richiede coraggio, in altri addirittura disperazione.
Ora, l'outing si può anche rivelare un'arma formidabile per attaccare un avversario politico. Su questo punto trovo che la faccenda della privacy sia marginale: sono d'accordo con Giovanni Fontana quando dice che un omosessuale ha lo stesso diritto ad essere omofobo di un eterosessuale — cioè nessun diritto. Certo: puoi avere la tua opinione, ma allora preparati a difenderla in un confronto dialettico come qualunque altra; qui non rilasciamo patenti speciali ai detentori di posizioni discriminatorie, mi spiace.
Tuttavia mi rimane un dubbio: l'outing, in quanto arma d'offesa politica, è efficace perché parte dall'osservazione che queste persone ne pagheranno in pieno i costi in termini di discriminazioni, ma non ne otterranno alcun beneficio, data la loro appartenenza politica. Non si sta forse usando come arma ciò che si vorrebbe eliminato per sempre dalla società?
I commenti sono bene accetti.
17 settembre 2011
Calzature o macchine da corsa?
La cosa veramente scandalosa in questa faccenda delle nuove intercettazioni di B. è la reazione del popolo, la santificazione di Manuela Arcuri sulla base di un suo presunto rifiuto a prostituirsi con B. in cambio della conduzione del festival di Sanremo—salvo poi scoprire che non era Sanremo e che, forse, non era neppure un rifiuto. Non lo capirà mai il volgo che santi e diavoli non esistono; che chi ha sempre pensato solo ed esclusivamente ai proprî interessi non si metterà a fare il bene del paese solo perché «è già ricco di suo». Berlusconi ve lo meritavate 3 anni fa, e ve lo meritate ora. Quando sarà giunto il tempo di fare piazza pulita vi meriterete pure il suo successore. Uno scatto d'orgoglio, dite? L'alternanza? Datevi una calmata: non sarete certo voi a decidere il quando, figuriamoci il come e il perché. Se fortuna lo vorrà, vi sarà al massimo dato di sceglierne il tipo: delle calzature o delle macchine da corsa?
19 giugno 2011
«Boia»
Mi immagino cosa avrà pensato Bossi quando i suoi lo bloccano la prima volta al grido di «secessione, secessione». Lui si stava scagliando contro lo scandalo di qualcuno che percepisce «quindici mensilità» — un parlamentare di Roma ladrona? — e invece alla folla non frega nulla di queste quisquilie. Loro vanno ai fondamenti: «secessione, secessione».
Guardatelo attentamente, a questo punto. Io me lo immagino che pensi: «quanto sono scemi questi. Sì, va bene, facciamo la secessione, e poi?? Sul serio queste persone vogliono farci rinunciare a tutto quello che abbiamo conquistato così faticosamente a Roma? Le fondazioni, il secondo canale della Rai, i posti nei CDA delle banche, le municipalizzate. Che fine farebbero tutte queste cose se facessimo la secessione?».
Si vede che è interdetto, eppure riprende a parlare. Grugnisce. Stacco su Maroni, che controlla il suo iPhone. «Questo è il risultato che si otterrà se si va vanti ad usare il Nord come… come una—come un somaro… per trascinare tutta una macchina costosissima», pausa, «e che non ha possibilità di trovare una soluzione. Non penso che si possa applicare il trib(?) al federalismo fiscale» poi altro farfugliare. E poi, «penso che… i numeri sono tali… che non si può. Però.» Altra pausa. Qualcuno grida qualcosa, dal basso. Bossi risponde: «Boia.». Altro rumoreggiare. «Ci sono cose che…». La camera stacca sulla folla. Riparte il «secessione, secessione», e rapidamente diventa assordante. Non lo si vede, ma nel frattempo sul palco è salito in soccorso Calderoli; il capo ha perso il controllo della situazione. Un paio di «Padania Libera» riescono a togliere il senatùr dall'impaccio.
Si dice tanto che tra Bossi e il suo popolo vi sia una totale empatia, che riesca a fiutare il sentire della sua gente meglio del più fine antropologo. Sarà. A me quello di Pontida ha ricordato l'ultimo discorso di Ceausescu.
Guardatelo attentamente, a questo punto. Io me lo immagino che pensi: «quanto sono scemi questi. Sì, va bene, facciamo la secessione, e poi?? Sul serio queste persone vogliono farci rinunciare a tutto quello che abbiamo conquistato così faticosamente a Roma? Le fondazioni, il secondo canale della Rai, i posti nei CDA delle banche, le municipalizzate. Che fine farebbero tutte queste cose se facessimo la secessione?».
Si vede che è interdetto, eppure riprende a parlare. Grugnisce. Stacco su Maroni, che controlla il suo iPhone. «Questo è il risultato che si otterrà se si va vanti ad usare il Nord come… come una—come un somaro… per trascinare tutta una macchina costosissima», pausa, «e che non ha possibilità di trovare una soluzione. Non penso che si possa applicare il trib(?) al federalismo fiscale» poi altro farfugliare. E poi, «penso che… i numeri sono tali… che non si può. Però.» Altra pausa. Qualcuno grida qualcosa, dal basso. Bossi risponde: «Boia.». Altro rumoreggiare. «Ci sono cose che…». La camera stacca sulla folla. Riparte il «secessione, secessione», e rapidamente diventa assordante. Non lo si vede, ma nel frattempo sul palco è salito in soccorso Calderoli; il capo ha perso il controllo della situazione. Un paio di «Padania Libera» riescono a togliere il senatùr dall'impaccio.
Si dice tanto che tra Bossi e il suo popolo vi sia una totale empatia, che riesca a fiutare il sentire della sua gente meglio del più fine antropologo. Sarà. A me quello di Pontida ha ricordato l'ultimo discorso di Ceausescu.
16 giugno 2011
È stata dittatura?
Basta fermarsi a ragionare un poco per capire che è stupido cedere alla tentazione di affermare che il ventennio Berlusconiano abbia visto l'affermarsi di una dittatura totalitaria in Italia: quando si tratta di dittature, gli incubi che si hanno a sinistra, curiosamente, sono speculari a quelli che si hanno a destra, e così come giudichiamo puerili le tirate di Berlusconi sulla dittatura dei giudici comunisti, simmetricamente dovremmo valutare le affermazioni su un ipotetico regime neo-fascista.
Eppure qualcosa di anormale ci deve essere stato, se s'è riuscito a produrre un scollamento dalla realtà talmente eclatante da portare tante persone a pensare che un personaggio come Renato Brunetta fosse davvero un castigatore dei costumi, un novello Savonarola mistico della produttività aziendale.
Di colpo ci si rende conto che colui il quale propugnava l'avvento di un popolo dagli occhi azzurri e i capelli chiari è un ometto basso e dai capelli scuri; il meccanismo si rompe e quella che è stata, in fondo, un'enorme allucinazione collettiva può finalmente diventare materiale per i manuali di psicologia sociale.
Eppure qualcosa di anormale ci deve essere stato, se s'è riuscito a produrre un scollamento dalla realtà talmente eclatante da portare tante persone a pensare che un personaggio come Renato Brunetta fosse davvero un castigatore dei costumi, un novello Savonarola mistico della produttività aziendale.
Di colpo ci si rende conto che colui il quale propugnava l'avvento di un popolo dagli occhi azzurri e i capelli chiari è un ometto basso e dai capelli scuri; il meccanismo si rompe e quella che è stata, in fondo, un'enorme allucinazione collettiva può finalmente diventare materiale per i manuali di psicologia sociale.
3 giugno 2011
Il partito-azienda
Nell'immaginario collettivo Silvio Berlusconi è sempre piaciuto per via della sua figura d'imprenditore. Nel 1994 gli italiani lo votarono abbindolati dall'idea nella speranza di tramutare lo Stato in un grande e moderna azienda come la Mediaset di allora. Qualcosa di vero ci doveva pur essere, se persino il sottoscritto in un tema scolastico affermò che S.B. costituiva per lui un esempio da seguire nella vita (inciso: si era alle scuole elementari — seconda metà degli anni '80 — e hai voglia a convincere un bambino che non fosse così. Stupiti? Se per questo sono stato anche cattolico credente…).
A vent'anni di distanza dalla quell'entrata in politica possiamo sicuramente dire che la cosa non corrispondesse a realtà, e la cosa si dovrebbe chiudere qui, tuttavia non ho potuto fare a meno di pensare, ascoltando i ragionevolissimi punti sollevati da Alessandra Mussolini (sic!) nell'intervista a Radio Radicale che il buon Malvino condivide con noi, che forse bisognerebbe invertire il precedente con il conseguente e rivedere l'attività dell'imprenditore alla luce di quella del politico. E se è vero che il PDL si è appena munito di una figura di cui non v'è traccia alcuna nel proprio statuto, beh forse bisognerebbe cominciare a rivedere anche quel mito lì.
A vent'anni di distanza dalla quell'entrata in politica possiamo sicuramente dire che la cosa non corrispondesse a realtà, e la cosa si dovrebbe chiudere qui, tuttavia non ho potuto fare a meno di pensare, ascoltando i ragionevolissimi punti sollevati da Alessandra Mussolini (sic!) nell'intervista a Radio Radicale che il buon Malvino condivide con noi, che forse bisognerebbe invertire il precedente con il conseguente e rivedere l'attività dell'imprenditore alla luce di quella del politico. E se è vero che il PDL si è appena munito di una figura di cui non v'è traccia alcuna nel proprio statuto, beh forse bisognerebbe cominciare a rivedere anche quel mito lì.
30 maggio 2011
Non dire qualcosa di sinistra, di' qualcosa di divertente
Solo domani sapremo chi sarà eletto a Milano. Il risultato elettorale farà una grande differenza, ma anche se Pisapia non venisse eletto — e nello scrivere questa cosa qui si fanno delle corna ben poco razionaliste — un elemento di questa campagna elettorale rimane interessante e assolutamente nuovo: la sinistra ha una nuova arma: l'ironia (Repubblica, 28.05.2010).
Da tanti anni a questa parte, ogni volta che Silvio Berlusconi o qualche suo lacchè accusava la sinistra di voler instaurare l'internazionale comunista nel XXI secolo, io facevo un gioco mentale molto semplice: inventare una battuta fulminante con cui controbattere all'idiozia di turno. Questo mio gioco, oltre ad essere un chiaro sintomo di autismo da parte mia, e su cui ora non vale la pena di soffermarci, era ed è dettato dall'insofferenza verso le risposte che fornivano i vari Bersani, Veltroni, Fassino, Prodi, Rutelli ecc. Queste risposte erano sempre sulla linea del «Silvio Berlusconi paragona la sinistra allo stalinismo e questo è inaccettabile per una forza progressista come il PD», o qualcosa del genere. Intendiamoci, questa risposta è vera e sacrosanta, ma è un'arma spuntata.
Con le sue battute Berlusconi ha sempre solleticato le persone con una visione del mondo che, pur fittizia, è coerente con la sua narrativa della storia politica degli ultimi 20 anni. Daniele Luttazzi, verso il quale, devo ammettere, la mia stima è un po' calata dallo scandalo del plagio di George Carlin e altri, aveva illustrato perfettamente la retorica Berlusconiana usando gli strumenti dell'analisi narrativa (La Guerra Civile Fredda, 2009). Berlusconi il protagonista, la magistratura il nemico di turno. Berlusconi è in fuga perché si deve salvare. La magistratura lo vuole «morto» perché egli è l'unico a frapporsi tra essa e l'instaurazione del comunismo in Italia. O qualcosa del genere.
Si dice che ostinarsi a parlare con un cretino può portare gli altri a non notare la differenza tra noi ed il nostro interlocutore. Ma siamo in democrazia, e questo un uomo politico potrà forse pensarlo, ma mai potrà dichiararlo, specialmente quando quel cretino riceve più del 5% delle preferenze elettorali. Allora come fare? Le mie battute erano sempre ironiche, e non c'è migliore ironia che ridere di se stessi. O meglio, dell'immagine che l'altro ha di noi stessi. Fare auto-ironia non serve per averla vinta sulla questione di turno (la tassa patrimoniale, la dignità della Resistenza, le facoltà intellettive degli elettori di sinistra). Fare auto-ironia scardina la visione del mondo che Berlusconi comunica ai suoi sostenitori e all'opinione pubblica. Quel lento lavorio che ha portato la gente a dare per scontato che le cosiddette toghe rosse esistano, proprio come in una teoria del complotto.
Quando vedi cose come il Favoloso Mondo di Pisapie (sotto), o il caso di Sucate e della moschea abusiva di via Giandomenico Puppa, o l'invasione della fan page di Red Ronnie, capisci che qualcosa è cambiato, in meglio. E speriamo che continui così.
Da tanti anni a questa parte, ogni volta che Silvio Berlusconi o qualche suo lacchè accusava la sinistra di voler instaurare l'internazionale comunista nel XXI secolo, io facevo un gioco mentale molto semplice: inventare una battuta fulminante con cui controbattere all'idiozia di turno. Questo mio gioco, oltre ad essere un chiaro sintomo di autismo da parte mia, e su cui ora non vale la pena di soffermarci, era ed è dettato dall'insofferenza verso le risposte che fornivano i vari Bersani, Veltroni, Fassino, Prodi, Rutelli ecc. Queste risposte erano sempre sulla linea del «Silvio Berlusconi paragona la sinistra allo stalinismo e questo è inaccettabile per una forza progressista come il PD», o qualcosa del genere. Intendiamoci, questa risposta è vera e sacrosanta, ma è un'arma spuntata.
Con le sue battute Berlusconi ha sempre solleticato le persone con una visione del mondo che, pur fittizia, è coerente con la sua narrativa della storia politica degli ultimi 20 anni. Daniele Luttazzi, verso il quale, devo ammettere, la mia stima è un po' calata dallo scandalo del plagio di George Carlin e altri, aveva illustrato perfettamente la retorica Berlusconiana usando gli strumenti dell'analisi narrativa (La Guerra Civile Fredda, 2009). Berlusconi il protagonista, la magistratura il nemico di turno. Berlusconi è in fuga perché si deve salvare. La magistratura lo vuole «morto» perché egli è l'unico a frapporsi tra essa e l'instaurazione del comunismo in Italia. O qualcosa del genere.
Si dice che ostinarsi a parlare con un cretino può portare gli altri a non notare la differenza tra noi ed il nostro interlocutore. Ma siamo in democrazia, e questo un uomo politico potrà forse pensarlo, ma mai potrà dichiararlo, specialmente quando quel cretino riceve più del 5% delle preferenze elettorali. Allora come fare? Le mie battute erano sempre ironiche, e non c'è migliore ironia che ridere di se stessi. O meglio, dell'immagine che l'altro ha di noi stessi. Fare auto-ironia non serve per averla vinta sulla questione di turno (la tassa patrimoniale, la dignità della Resistenza, le facoltà intellettive degli elettori di sinistra). Fare auto-ironia scardina la visione del mondo che Berlusconi comunica ai suoi sostenitori e all'opinione pubblica. Quel lento lavorio che ha portato la gente a dare per scontato che le cosiddette toghe rosse esistano, proprio come in una teoria del complotto.
Quando vedi cose come il Favoloso Mondo di Pisapie (sotto), o il caso di Sucate e della moschea abusiva di via Giandomenico Puppa, o l'invasione della fan page di Red Ronnie, capisci che qualcosa è cambiato, in meglio. E speriamo che continui così.
20 febbraio 2011
Su Pierluigi, lo vuoi il mio voto?
Dici sempre che bisogna parlare dei problemi reali del paese, ma se Silvio dice che non si può disturbare Muhammar, che la situazione è delicata, tu che problema hai a non disturbare Silvio?
Eccolo qua il PD: non solo si schifa a parlare del conflitto d'interesse, ma vuole anche il mio voto aggratis.
19 febbraio 2011
L'amico della nipote di Mubarak
![]() |
“Berlusconi and Gaddafi” di Matteo Bertelli |
Se le proteste divenissero sollevazione di popolo; e se la sollevazione di popolo divenisse rivoluzione; e se la rivoluzione alla fine lo cacciasse, dove andrebbe a rifugiarsi Gheddafi?
(Pensiero ozioso, il what if, soprattutto quando verte su singoli personaggi—e potenti per di più. Tutta colpa del sabato mattina. Mi piace il sabato mattina: è perfetto per fare ragionamenti oziosi. Radio France FIP passa una selezione poco impegnativa e la mente può spaziare su campi di facezie e ragionamenti oziosi, oziosissimi anzi.)
Neanche un mese fa Ben Alì, il pupazzo cleptomane che noi italiani mettemo al potere quando ancora ci si poteva proclamare “non proprio l'ultimo carrettiere del mediterraneo” con una certa sicurezza, quel Ben Alì cercava rifugio in Francia, e lungo la strada si fermava in Sardegna. Italia e Francia: i vecchi amici. Ma i vecchi amici s'erano già dimenticati di lui e alla fine Zine s'era dovuto accontentare dei sauditi. Ma Muhammar ha un'altro peso. Ben Alì, una vecchia conoscenza dei tempi della prima Repubblica, al più. Da noi Gheddafi, invece, è ormai di casa. Gli abbiamo conferito grande legittimità con la storia del trattato di pacificazione, e i dittatori in fondo s'assomigliano tutti: quando gli hai dato così tanto non è normale che ti chiedano un ultimo favore per salvare la pellaccia, no?
Che peso avrebbe una cosa del genere? Qui si divaga troppo, e una domanda del genere contiene troppi se per risultare scomoda al nostro amico della nipote di Mubarak. Figuriamoci per appassionare il suo pubblico.
Un vero peccato. Buon sabato.
15 febbraio 2011
La Nemesi di un dibattito intelligente
Sinceramente mi da fastidio che il collegio giudicante del processo al Presidente del Consiglio sia definito la «nemesi» dell'imputato semplicemente sulla base della sua composizione.
Continuare ad impostare il discorso in questo modo non solo è stupido, ma conferisce legittimità a certe affermazioni—queste sì maschiliste—che fanno veramente accopponare la pelle. Michele Saponara, avvocato, consigliere del Csm e, a giudicare dalla chiosa, perfetto uomo d'apparato Berluscones (la Repubblica, 15.02.11 16:30):
Affermazione assurda, che però assume perfetta legittimità se dall'altra parte si giubila perché tre donne saranno «la Nemesi» del Presidente del Consiglio.
In quanto donne, questi tre magistrati non hanno né più né meno legittimità a giudicare Silvio Berlusconi di un collegio composto da tre uomini, o da due donne ed uno uomo, o da due uomini e una donna.
Questo, secondo me, è un modo per affermare l'uguaglianza tra i sessi. Andare ad inseguire improbabili vendette di genere di certo no lo è.
Continuare ad impostare il discorso in questo modo non solo è stupido, ma conferisce legittimità a certe affermazioni—queste sì maschiliste—che fanno veramente accopponare la pelle. Michele Saponara, avvocato, consigliere del Csm e, a giudicare dalla chiosa, perfetto uomo d'apparato Berluscones (la Repubblica, 15.02.11 16:30):
''Tre donne a giudicare Berlusconi? La sensazione che la situazione possa essere pregiudizievole per il premier c'é [sic], ma in realtà il problema politico, ed è di una magistratura che ha ormai scelto una linea nei confronti del presidente del Consiglio''
Affermazione assurda, che però assume perfetta legittimità se dall'altra parte si giubila perché tre donne saranno «la Nemesi» del Presidente del Consiglio.
In quanto donne, questi tre magistrati non hanno né più né meno legittimità a giudicare Silvio Berlusconi di un collegio composto da tre uomini, o da due donne ed uno uomo, o da due uomini e una donna.
Questo, secondo me, è un modo per affermare l'uguaglianza tra i sessi. Andare ad inseguire improbabili vendette di genere di certo no lo è.
11 febbraio 2011
Domande retoriche
[...] Giuliano Ferrara intervista Berlusconi sul Foglio, lo fa urlare contro "il golpe morale", gli fa dire che "il popolo è il mio giudice ultimo", e che quelle di Milano sono "inchieste farsesche, degne della Ddr". Giusto la sera prima, all'improvviso, la Rai aveva deciso di cambiare il palinsesto, per trasmettere sulla Rete Due Le vite degli altri, il film in cui Von Donnersmarck racconta le tragedie umane prodotte dai metodi spionistici della Stasi, la polizia segreta della Germania comunista di Honecker. Qualcuno può pensare che sia stato solo un caso?
(la Repubblica, 11.01.11)
Molti di più di quanto Massimo Giannini pensa, mi sa.
8 febbraio 2011
Piccoli leader crescono
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Fonte: Repubblica TV |
Il Trota propone progetti di educazione civica da attuare nelle scuole lombarde. Fatte le dovute proporzioni, è un po' come il Berlusca che fa leggi contro la prostituzione minorile: poco credibile.
28 gennaio 2011
Pure Sallustio fa lo gnorri
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fonte: Profumo di donna |
XIV. In cotanta e così corrotta città, difficile a Catilina non era l’attorniarsi in numeroso corteggio d’ogni più scellerato ed infame. Chiunque, impudico, adultero, banchettatore, avea fra queste arti straziati i beni paterni; e chi era oppresso dai debiti contratti per comprare la impunità di diversi delitti; e quanti parricidi, sacrileghi, convinti rei o vicini ad esserlo: e quanti o dalla spergiura lingua, o dalla insanguinata mano alimenti ritraevano; tutti in somma coloro, cui ribalderia, povertà, e mala coscienza angustiavano, di Catilina famigliari eran tutti e suoi intimi. E se un qualche innocente nella di lui amicizia incappava, la domestichezza e le lusinghe facilmente simile e pari agli altri il rendevano. Ma guadagnarsi bramava principalmente i giovinetti; i di cui animi molli, e per età volubili, con inganni agevolmente adescavansi. Onde, a chi donne, a chi cani e cavalli, secondo le loro brame, provvedea; non al decoro perdonando nè a spesa, purchè se gli rendesse obbligati e fedeli. Molti credettero, il so, che costoro in casa di Catilina si prostituissero: ma una tal fama su congetture più che su fatti fondavasi.
27 gennaio 2011
Siamo in una botte di ferro
“Per le neuroscienze più un messaggio è puramente razionale, meno è probabile che attivi i circuiti neurali che presiedono al comportamento di voto”
Fonte: Il Sole 24 Ore.
25 gennaio 2011
Una modesta proposta
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fonte: Wikipedia |
Una modesta proposta per ovviare ai problemi degli ultimi giorni: la squalifica temporanea, permanente per i recidivi. L'AGCOM, se non fosse che è un'agenzia fantoccio in mano al berluska, potrebbe benissimo essere incaricata di tenere la lista degli indisciplinati.
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