Io su Internet leggo molto. Le mie giornate cominciano sempre dando una sfoltita veloce ai nuovi post. Secondo Google Reader sono iscritto a 93 blog, e in media «leggo» circa una ventina di post al giorno, con giorni in cui supero anche le 40 unità. Ovviamente riesco a leggerne sul serio, da capo a fondo, molti meno. Per la maggior parte do una scorta e decido all'istante se leggere fino in fondo oppure no. Togliendo poi i feed di servizio, come quello di ArXiv o gli alert per gli annunci di lavoro (come sapete il vostro delfino drogato adesso
è Dottore & disoccupato), direi che riesco a leggere realmente, da cima a fondo, circa 5-6 post al giorno. A parte, poi, i quotidiani. Ma quelli, nella maggior parte dei casi, sono veramente una perdita di tempo.
Col tempo ho scoperto che scartare i post meno interessanti, anziché metterli da parte per dopo, è l'unico modo per non annegare in questo mare di commenti, motteggi, recensioni argute, introspezioni ardite -- e via dicendo -- che ogni giorno l'angolino di rete che mi interessa produce. Di continuo. A ritmo ossessivo. In alcuni casi, alas, devo arrendermi. Per fare un esempio, per parecchio tempo seguivo l'ottimo 3Quarksdaily, il quale produce circa una quindicina di post al giorno. Post impegnativi: quando non si tratta di link ad inchieste o ad editoriali, sono o poesie (che scarto a priori, ahimè il mio animo poetico è pressocché nullo) o saggi più o meno corposi (un esempio a caso).
Niente «impressioni di settembre» à la Luca Sofri o micro-commenti informati alla Mantellini, (anche se ammetto di seguire il buon Carletto Darwin, il quale pubblica parecchio in questo modo). Tale stile di scrivere secondo me fa lo stesso effetto di un caffé dei distributori automatici: una momento di chiarezza, di maggior consapevolezza del mondo circostante e dell'universo, della durata -- direi -- di un minuto e poco più, e poi la sonnolenza riprende il sopravvento.
Comunque torniamo ad esso: il dimenticare. Sembra buffo, ma secondo me è la cosa più importante per far funzionare Google Reader. Più in generale, mi sembra che togliere le cose inutili dal proprio radar sia tremendamente efficace nel rendermi più produttivo. Questa cosa non l'ho notata certo io per la prima volta, ma è interessante che funzioni anche per le letture mattutine. In fondo è un po' un paradosso: Google Reader e altri recommender system si basano sull'idea che se ti piace leggere quello che scrive il blogger Pippo, allora probabilmente ti piacerebbe leggere anche quello che scrive la blogstar Pluto, che spesso tratta argomenti simili.
Giusto, ma sbagliato. È questo il problema: più informazioni mi vengono offerte, meno riesco a godermele. Una volta raggiunto il mio personalissimo limite cognitivo, andare oltre è solamente deleterio. Non basta semplicemente filtrare, perché in ogni aggregatore avrà più chances di trovare qualcosa di interessante se maggiore sarà il numero di blog che aggrega. Invece l'importante è trovare il volume giusto di informazioni che si è in grado di digerire ogni giorno e poi limitarsi a quello. Si può proporre qualcosa di nuovo, ma solo rinunciando ad una sottoscrizione esistente.
Comunque, in tutto questo sproloquio, in cui forse qualcuno intravederà un qualche barlume di autorità (pulitevi le lenti), l'unica cosa interessante, mio caro lettore, è che mi sono reso conto che la sezione «procrastinare» di O te levi O t'elevi era paurosamente datata. L'ho aggiornata, ed ora rispecchia fedelmente quello che leggo questi giorni. A voi, fatene buon uso.
«You write "Born to Kill" on your helmet and you wear a peace button. What's that supposed to be, some kind of sick joke?»
Visualizzazione post con etichetta metablogging. Mostra tutti i post
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23 febbraio 2012
19 gennaio 2011
Hiatus
Domenica, dopo averle dato le istruzioni per chiudermi fuori dal mio account di Facebook, Serena mi ha chiesto: «cosa farai, tornerai a scrivere sul blog?». Per un po', ci ho pensato. Per prima cosa, ho iniziato col fare una visita al vecchio cadavere. Un moto di vergogna. Me ne sono staccato. Poi, pian piano, ho iniziato a giocherellare con le nuove funzioni di blogger (ehi, usano i web fonts ora!). Poi pensare a tutte le cose interessanti della mia vita successe da un anno a questa parte e di cui dovrei parlare. Risultato: sono caduto in trappola.
Ebbene sì, mi sono auto-escluso da Facebook. Un piano geniale, da cattivo con gatto persiano sulle ginocchia. L'idea è questa: dare le proprie credenziali d'accesso (username e password) ad una persona fidata (PF). Serena è la PF. La PF si logga, cambia la password, cambia l'email ed entra in controllo totale dell'account. Per questo è importante che la PF sia proprio una PF. Altrimenti son cazzi. Ma non è tutto. Fatto questo, la PF si presta a diventare, per i prossimi due mesi, come Ulisse con le sirene.
Il piano è diabolico, bello nella sua semplicità, un'ingranaggio perfettamente oliato. Il nemico da sconfiggere è Facebook. Appena Serena ha cambiato la password, un'email del nemico: «attenzione, qualcuno ha cambiato la tua password. Se non sei stato tu, allora clicca sul seguente link, ecc. ecc.». Mail diritta nel cestino. Poi, dal cestino, “elimina definitivamente”. Serena cambia l'email. Altra email, stessa trafila. Facebook sospetta. Connessione da IP Svizzero, poi bam, IP Italiano e cambio password. Qualcosa non va. Allerta rossa. Mark Zuckerberg viene avvisato, nel cuore della notte. C'è un utente italiano che sta cercando di farla franca, gli dicono.
Ora giro per strada, guardingo. Scruto i vicini dal davanzale, quelli nel palazzo dirimpetto al mio. Un movimento sospetto, magari usano un binocolo ad infrarossi. Oppure quella bionda sul tram, non ti sta fissando da un po' troppo tempo? Stai tranquillo. Continua a leggere quello che stavi leggendo (Tropico del Capricorno), e non ti succederà nulla. Cavoli. Non pensavo che fosse così difficile prendersi una pausa da Facebook!
Era tanto che scrivevo appunti del tipo: “riprendere a scrivere sul blog”. L'avevo messo tra i progetti futuri, nel sistema di produttività personale brevettato. Funziona a meraviglia questo sistema. Per esempio, alla fine mi ero rotto di illudermi di poter riniziare a scrivere sul blog, ed avevo cancellato il progetto. Niente più stress per un po'. Ma il sistema è brevettato, e infatti alla fine rieccomi qua sul blog.
Si diceva, un sacco di cose interessanti di cui parlare. Ci sarà tempo per parlarne. Nel frattempo esco. Tutto questo ticchettìo sui tasti potrebbe far insospettire i vicini.
Ebbene sì, mi sono auto-escluso da Facebook. Un piano geniale, da cattivo con gatto persiano sulle ginocchia. L'idea è questa: dare le proprie credenziali d'accesso (username e password) ad una persona fidata (PF). Serena è la PF. La PF si logga, cambia la password, cambia l'email ed entra in controllo totale dell'account. Per questo è importante che la PF sia proprio una PF. Altrimenti son cazzi. Ma non è tutto. Fatto questo, la PF si presta a diventare, per i prossimi due mesi, come Ulisse con le sirene.
Il piano è diabolico, bello nella sua semplicità, un'ingranaggio perfettamente oliato. Il nemico da sconfiggere è Facebook. Appena Serena ha cambiato la password, un'email del nemico: «attenzione, qualcuno ha cambiato la tua password. Se non sei stato tu, allora clicca sul seguente link, ecc. ecc.». Mail diritta nel cestino. Poi, dal cestino, “elimina definitivamente”. Serena cambia l'email. Altra email, stessa trafila. Facebook sospetta. Connessione da IP Svizzero, poi bam, IP Italiano e cambio password. Qualcosa non va. Allerta rossa. Mark Zuckerberg viene avvisato, nel cuore della notte. C'è un utente italiano che sta cercando di farla franca, gli dicono.
Ora giro per strada, guardingo. Scruto i vicini dal davanzale, quelli nel palazzo dirimpetto al mio. Un movimento sospetto, magari usano un binocolo ad infrarossi. Oppure quella bionda sul tram, non ti sta fissando da un po' troppo tempo? Stai tranquillo. Continua a leggere quello che stavi leggendo (Tropico del Capricorno), e non ti succederà nulla. Cavoli. Non pensavo che fosse così difficile prendersi una pausa da Facebook!
Era tanto che scrivevo appunti del tipo: “riprendere a scrivere sul blog”. L'avevo messo tra i progetti futuri, nel sistema di produttività personale brevettato. Funziona a meraviglia questo sistema. Per esempio, alla fine mi ero rotto di illudermi di poter riniziare a scrivere sul blog, ed avevo cancellato il progetto. Niente più stress per un po'. Ma il sistema è brevettato, e infatti alla fine rieccomi qua sul blog.
Si diceva, un sacco di cose interessanti di cui parlare. Ci sarà tempo per parlarne. Nel frattempo esco. Tutto questo ticchettìo sui tasti potrebbe far insospettire i vicini.
29 maggio 2008
Circolare ministeriale
Ho chiuso i commenti ai nuovi post del blog. I vecchi post mostrano ancora il form per inserire commenti, ma all'atto pratico la cosa è permessa solo agli "addetti del blog" (oh cool, la crew), cioè il sottoscritto.
In sintesi, trovo il meccanismo dei commenti a) scomodo da usare e b) prono a causare dinamiche interpersonali del cazzo. Non che abbia mai avuto la vocazione per rendere questo taccuino il mio megafono personale alle masse, ma se a) è la vera ragione per cui faccio questo, anche b) gioca un po' la sua parte. Uso questo strumento per non interrompere il dialogo con le persone a me care e lontane, e non per generare una discussione pubblica sui temi che qui pubblico; per cui alla fine mi aspetto che i commenti siano risposte personali indirizzate a me e non necessariamente interessino il resto del mondo.
Insomma: se d'ora in poi avrete da rispondere alle minch... pardon, geniali intuizioni che scrivo, allora usate l'email, che è lo strumento più comodo che ho per comunicare, (o al limite messenger) e se proprio ritengo che la cosa possa essere di interesse anche per il resto del mondo, allora la pubblicherò a parte.
p.s. per i Giocatori Dementi: le prese per il culo, invece, le potete indirizzare in lista!
In sintesi, trovo il meccanismo dei commenti a) scomodo da usare e b) prono a causare dinamiche interpersonali del cazzo. Non che abbia mai avuto la vocazione per rendere questo taccuino il mio megafono personale alle masse, ma se a) è la vera ragione per cui faccio questo, anche b) gioca un po' la sua parte. Uso questo strumento per non interrompere il dialogo con le persone a me care e lontane, e non per generare una discussione pubblica sui temi che qui pubblico; per cui alla fine mi aspetto che i commenti siano risposte personali indirizzate a me e non necessariamente interessino il resto del mondo.
Insomma: se d'ora in poi avrete da rispondere alle minch... pardon, geniali intuizioni che scrivo, allora usate l'email, che è lo strumento più comodo che ho per comunicare, (o al limite messenger) e se proprio ritengo che la cosa possa essere di interesse anche per il resto del mondo, allora la pubblicherò a parte.
p.s. per i Giocatori Dementi: le prese per il culo, invece, le potete indirizzare in lista!
12 maggio 2008
Però poi voglio i diritti
Se mai vi sarà una mente geniale come quella di Paolo Villaggio in grado di partorirlo, il 'Fantozzi' del 21esimo secolo, inteso come raffinato sputtanamento della società ad esso contemporanea, dovrà almeno avere una presa per il culo di quello che fanno principalmente gli Italiani al giorno d'oggi. Si mandano e-mail di denuncia. Con i copia & incolla, o con i link. Di Travaglio, di Grillo, del Foglio, del Giornale, di quello dell'Esselunga, di Peace Reporter. Per la pace, per la guerra, per Veltroni, contro Berlusconi, Di Pannella, contro Veltroni, contro Berlusconi (*), su Pannella.
D'ora in poi, inizierò a considerare tutti questi "meditate gente" come se fossero dello spam. Come se lo fossero.
* ora che ci penso, non ho mai visto girare un qualsiasi tipo di appello pro Silvio. È proprio vero che nessuno lo capisce :D
D'ora in poi, inizierò a considerare tutti questi "meditate gente" come se fossero dello spam. Come se lo fossero.
* ora che ci penso, non ho mai visto girare un qualsiasi tipo di appello pro Silvio. È proprio vero che nessuno lo capisce :D
22 gennaio 2007
Indipendenza da se stessi
Inizialmente non avevo molta voglia di aggiungere link a a blog di persone famose. Per famose intendo famose su internet; le blogstar insomma. In seguito mi sono contraddetto ed il risultato è che potete vedere qualche blog tra le mie letture preferite, a fianco nella pagina.
Insomma, anche io ho i miei idoli, un pò come tutti no? O si è completamente estranei al fenomeno, oppure, del tutto naturalmente, si finisce per avere un blog preferito. Come la radio, che apprezzi solo quando ti fidelizzi ad una emittente, o ad un dato DJ.
A me sinceramente non piace questo meccanismo. È naturale, per carità, che esista. Non direi nemmeno che sia un male, non mi metto certo a demonizzare queste cose. Solo che non mi piace, punto. Tutto nasce dall'ultima esplosione avvenuta nella blogosfera. Magdi Allam pubblica un articolo distorto sulla storia di Lia, la proprietaria di Haramlik, blog mucho seguito. L'ultima battaglia in cui Lia si era cimentata era sensibilizzare l'opinione pubblica, e specialmente quella Islamica Italiana, sull'assenza di protezione sociale per le donne Islamiche che divorziano da un matrimonio. Grave mancanza "di questo islam italiano", tanto per usare parole altrui, che la blogger aveva vissuto in prima persona. E qui la prima bomba.
Adesso, facendo un passo indietro, io posso dire di essermi appassionato al blog di Lia per un misto di contenuti e di vicenda umana, entrambi interessanti. Probabilmente è la ricetta vincente per queste cose, fatto sta che ero rimasto colpito dal punto di vista privilegiato (non posso starvi a spiegare in due parole tutta la vita di una persona a sua volta condensata in un blog iper-seguito. Se volete usate il link e buttateci un pomeriggio sopra) dell'autrice. Privilegiato perché parlava di cose vissute in prima persona (l'Egitto, il Medio Oriente), e al tempo stesso intimo. Ed infine vicino. Tranquilli, non sono una donna napoletana sui 40'anni, per cui dire che mi sento vicino a Lia è un po’ fuorviante, però in un certo senso era come leggere un mondo dagli occhi di un'amica, qualcuno con la tua stessa mentalità. Fico insomma.
E quindi sapere che la nostra Lia s'era sposata islamicamente e aveva divorziato m'aveva in primo luogo fatto strano. S'era messa un po’ di distanza tra me lettore e lei scrittrice. Tra lei personaggio ed io giudice. Ma insomma, amen. Mica stiamo parlando di gente che conosco, amici o parenti; quindi amen. Dopo gli ultimi sviluppi, avevo preso ad appassionarmi alla nuova vicenda come prima. Una crociata lodevole insomma. E se leggevi il commento medio ai suoi post, il mio pensiero era perfettamente in linea con il resto della massa: Bene, brava, hai un gran coraggio, piena solidarietà. La storia è proceduta in questo modo, sostanzialmente con lei che dava qualche spiraglio sulla sua vicenda personale, e partendo da quelli per le sue considerazioni "su questo islam italiano" (cit). La cosa più affascinante in questa faccenda era assistere ad una signora-nessuno che di colpo trainava un movimento d'opinione alla riscossa. Cazzo, se fossi ancora No Global avrei detto che la cosa "partiva dal basso"! Forse qualche sospetto a livello inconscio me l'ero fatto già a quel punto, quando mi chiedevo se ad un certo punto non fosse necessario adottare anche qualche criterio di trasparenza per portare avanti una battaglia originatasi da una supposta vicenda personale. Insomma, io posso pure darti ragione quando parli su cosa non va nell'islam italiano a me sconosciuto. Però dandoti ragione io ti concedo autorevolezza, tu in cambio cosa mi dai?
La seconda bomba è stata più potente della prima, visto che è una notizia apparsa sul corriere della sera. Arriviamo a Magdi Allam quindi. Lo scoop di Allam è il seguente. Il marito poligamo (e qui, buttandola sulla poligamia, Allam colpisce i suoi avversari), è nientemeno che Hamza Picardo, il segretario dell'UCOII. Adesso, una persona completamente estranea alla vicenda potrebbe maliziosamente commentare: "Allam - Picardo 1-0". Per me lettore affezionato di Haramlik questo commento non è poi tanto interessanto. Per me la bomba ha voluto dire una cosa semplice: ma possibile che tutta la blogosfera sia formata da 4 persone di numero?
Il fascino di Haramlik, almeno per me, era tutto nell’assoluta “normalità”; nell’anonimità, per dire più precisamente, della sua autrice. Come dire che la fonte più autorevole sull’argomento “islam” fosse proprio un’eccellente signora nessuno. Se non ha nulla da difendere al di fuori delle sue opinioni – pensavo, è più credibile; non ci sono secondi fini, non ci sono omissioni o distorsioni dovute alla necessità di tirare l’acqua al proprio mulino. Non c’è necessità di – e conseguentemente, nessuno sforzo – per apparire sempre dalla parte del giusto. Sei vero, cazzo. Possiedi quasi un crisma di scientificità, certificato dall’assoluta mancanza di un nome, di una fama. Nulla di esterno alle tue opinioni; ecco.
Forse è una sorta di capacità/idiosincrasia cognitiva sviluppata da quelli della mia generazione: distingui la realtà fittizia della pubblicità dalla realtà reale. E noi nati negli ’80 con la pubblicità ci siamo cresciuti, anzi, la pubblicità è cresciuta assieme a noi. E sapevamo perfettamente quando era pubblicità e quando non lo era. E nonostante le pubblicità siano diventate sempre più raffinate negli anni, noi contemporaneamente affinavamo i nostri sensi.
La pubblicità secondo me è l’esempio più preciso per spiegare cosa intendo, con l’episodio di Haramlik. Quando dici che il tuo detersivo è quello che toglie lo sporco meglio di tutti, non lo stai facendo per l’amore della biancheria pulita. Lo fai per vendere il tuo cazzo di detersivo! E quando scopri appunto che parli di Islam e che sei nella cerchia dei protagonisti, a livello pubblico, del dibattito sull’integrazione della comunità di immigrati islamici, qualcosa non torna. Non dico che le opinioni di quella determinata parte siano fallaci. Io dico che il tenere nascosto questo fatto e al tempo stesso comunicare le proprie opinioni come se non fossi attore della sceneggiata, ecco, quello non è corretto. Facendo un esempio meno idiota, sempre sul tema delle pubblicità, è come quando senti che le ricerche scientifiche su prodotti cosmetici, finanziate dalle stesse case farmaceutiche, sono in media più favorevoli che quelle indipendenti (scorso numero di Internazionale, by the way). Mio Dio, ma sul serio??? Non l’avrei mai creduto!! ;-)
Non ci prendiamo per il culo: i blog sono uno strumento di informazione come gli altri. E come l’informazione tradizionale dovrebbero rispondere, se non a dei criteri di indipendenza, almeno a dei criteri di trasparenza. Adesso, visto che un blog è essenzialmente una persona mentre un giornale è un’organizzazione, è ovvio che non si possa chiedere alle persone di essere indipendenti da sé stesse. E d’altra parte nemmeno che siano trasparenti. Ma se io leggo un blog e capisco al volo che tipo di persona è l’autore di quel blog, certamente ne usufruirò con una certa cognizione di causa, in caso contrario no. E nel caso di Haramlik, io mi ero fatto un’idea di quella persona, e questa bomba e tutti gli strascichi che si sta portando dietro (soprattutto gli strascichi), mi hanno fatto capire che la mia idea non corrispondeva al vero.
Si potrebbe dire che chiedo troppo dal mezzo. Se per un giornalista esiste la distinzione tra la sfera privata e quella professionale, riguardo all’ultima delle quali tu lettore puoi esigere certe condizioni, laddove riguarda la prima non puoi nemmeno osare di accampare alcuna pretesa, per un blogger come bisogna agire? Non esiste una distinzione tra sfera professionale e privata, per il semplice fatto che bloggare non è un lavoro. Però bloggare è un’attività informativa. Forma delle opinioni. E lo fa con la stessa sistematicità dell’informazione professionale.
A me sembra che non ci siamo mossi, con tutta questa storia di internet sociale, dai tempi in cui chattavi con mIRC. Quando un nick era una maschera e a seconda di quella scrivevi. Quando fingevi di essere donna per prendere per il culo i nerd (che poi, come sapere che erano nerd se tutto quello che di loro conoscevi era solo un soprannome?).
Adesso scusate, torno a leggere i miei blog preferiti... :-P
Insomma, anche io ho i miei idoli, un pò come tutti no? O si è completamente estranei al fenomeno, oppure, del tutto naturalmente, si finisce per avere un blog preferito. Come la radio, che apprezzi solo quando ti fidelizzi ad una emittente, o ad un dato DJ.
A me sinceramente non piace questo meccanismo. È naturale, per carità, che esista. Non direi nemmeno che sia un male, non mi metto certo a demonizzare queste cose. Solo che non mi piace, punto. Tutto nasce dall'ultima esplosione avvenuta nella blogosfera. Magdi Allam pubblica un articolo distorto sulla storia di Lia, la proprietaria di Haramlik, blog mucho seguito. L'ultima battaglia in cui Lia si era cimentata era sensibilizzare l'opinione pubblica, e specialmente quella Islamica Italiana, sull'assenza di protezione sociale per le donne Islamiche che divorziano da un matrimonio. Grave mancanza "di questo islam italiano", tanto per usare parole altrui, che la blogger aveva vissuto in prima persona. E qui la prima bomba.
Adesso, facendo un passo indietro, io posso dire di essermi appassionato al blog di Lia per un misto di contenuti e di vicenda umana, entrambi interessanti. Probabilmente è la ricetta vincente per queste cose, fatto sta che ero rimasto colpito dal punto di vista privilegiato (non posso starvi a spiegare in due parole tutta la vita di una persona a sua volta condensata in un blog iper-seguito. Se volete usate il link e buttateci un pomeriggio sopra) dell'autrice. Privilegiato perché parlava di cose vissute in prima persona (l'Egitto, il Medio Oriente), e al tempo stesso intimo. Ed infine vicino. Tranquilli, non sono una donna napoletana sui 40'anni, per cui dire che mi sento vicino a Lia è un po’ fuorviante, però in un certo senso era come leggere un mondo dagli occhi di un'amica, qualcuno con la tua stessa mentalità. Fico insomma.
E quindi sapere che la nostra Lia s'era sposata islamicamente e aveva divorziato m'aveva in primo luogo fatto strano. S'era messa un po’ di distanza tra me lettore e lei scrittrice. Tra lei personaggio ed io giudice. Ma insomma, amen. Mica stiamo parlando di gente che conosco, amici o parenti; quindi amen. Dopo gli ultimi sviluppi, avevo preso ad appassionarmi alla nuova vicenda come prima. Una crociata lodevole insomma. E se leggevi il commento medio ai suoi post, il mio pensiero era perfettamente in linea con il resto della massa: Bene, brava, hai un gran coraggio, piena solidarietà. La storia è proceduta in questo modo, sostanzialmente con lei che dava qualche spiraglio sulla sua vicenda personale, e partendo da quelli per le sue considerazioni "su questo islam italiano" (cit). La cosa più affascinante in questa faccenda era assistere ad una signora-nessuno che di colpo trainava un movimento d'opinione alla riscossa. Cazzo, se fossi ancora No Global avrei detto che la cosa "partiva dal basso"! Forse qualche sospetto a livello inconscio me l'ero fatto già a quel punto, quando mi chiedevo se ad un certo punto non fosse necessario adottare anche qualche criterio di trasparenza per portare avanti una battaglia originatasi da una supposta vicenda personale. Insomma, io posso pure darti ragione quando parli su cosa non va nell'islam italiano a me sconosciuto. Però dandoti ragione io ti concedo autorevolezza, tu in cambio cosa mi dai?
La seconda bomba è stata più potente della prima, visto che è una notizia apparsa sul corriere della sera. Arriviamo a Magdi Allam quindi. Lo scoop di Allam è il seguente. Il marito poligamo (e qui, buttandola sulla poligamia, Allam colpisce i suoi avversari), è nientemeno che Hamza Picardo, il segretario dell'UCOII. Adesso, una persona completamente estranea alla vicenda potrebbe maliziosamente commentare: "Allam - Picardo 1-0". Per me lettore affezionato di Haramlik questo commento non è poi tanto interessanto. Per me la bomba ha voluto dire una cosa semplice: ma possibile che tutta la blogosfera sia formata da 4 persone di numero?
Il fascino di Haramlik, almeno per me, era tutto nell’assoluta “normalità”; nell’anonimità, per dire più precisamente, della sua autrice. Come dire che la fonte più autorevole sull’argomento “islam” fosse proprio un’eccellente signora nessuno. Se non ha nulla da difendere al di fuori delle sue opinioni – pensavo, è più credibile; non ci sono secondi fini, non ci sono omissioni o distorsioni dovute alla necessità di tirare l’acqua al proprio mulino. Non c’è necessità di – e conseguentemente, nessuno sforzo – per apparire sempre dalla parte del giusto. Sei vero, cazzo. Possiedi quasi un crisma di scientificità, certificato dall’assoluta mancanza di un nome, di una fama. Nulla di esterno alle tue opinioni; ecco.
Forse è una sorta di capacità/idiosincrasia cognitiva sviluppata da quelli della mia generazione: distingui la realtà fittizia della pubblicità dalla realtà reale. E noi nati negli ’80 con la pubblicità ci siamo cresciuti, anzi, la pubblicità è cresciuta assieme a noi. E sapevamo perfettamente quando era pubblicità e quando non lo era. E nonostante le pubblicità siano diventate sempre più raffinate negli anni, noi contemporaneamente affinavamo i nostri sensi.
La pubblicità secondo me è l’esempio più preciso per spiegare cosa intendo, con l’episodio di Haramlik. Quando dici che il tuo detersivo è quello che toglie lo sporco meglio di tutti, non lo stai facendo per l’amore della biancheria pulita. Lo fai per vendere il tuo cazzo di detersivo! E quando scopri appunto che parli di Islam e che sei nella cerchia dei protagonisti, a livello pubblico, del dibattito sull’integrazione della comunità di immigrati islamici, qualcosa non torna. Non dico che le opinioni di quella determinata parte siano fallaci. Io dico che il tenere nascosto questo fatto e al tempo stesso comunicare le proprie opinioni come se non fossi attore della sceneggiata, ecco, quello non è corretto. Facendo un esempio meno idiota, sempre sul tema delle pubblicità, è come quando senti che le ricerche scientifiche su prodotti cosmetici, finanziate dalle stesse case farmaceutiche, sono in media più favorevoli che quelle indipendenti (scorso numero di Internazionale, by the way). Mio Dio, ma sul serio??? Non l’avrei mai creduto!! ;-)
Non ci prendiamo per il culo: i blog sono uno strumento di informazione come gli altri. E come l’informazione tradizionale dovrebbero rispondere, se non a dei criteri di indipendenza, almeno a dei criteri di trasparenza. Adesso, visto che un blog è essenzialmente una persona mentre un giornale è un’organizzazione, è ovvio che non si possa chiedere alle persone di essere indipendenti da sé stesse. E d’altra parte nemmeno che siano trasparenti. Ma se io leggo un blog e capisco al volo che tipo di persona è l’autore di quel blog, certamente ne usufruirò con una certa cognizione di causa, in caso contrario no. E nel caso di Haramlik, io mi ero fatto un’idea di quella persona, e questa bomba e tutti gli strascichi che si sta portando dietro (soprattutto gli strascichi), mi hanno fatto capire che la mia idea non corrispondeva al vero.
Si potrebbe dire che chiedo troppo dal mezzo. Se per un giornalista esiste la distinzione tra la sfera privata e quella professionale, riguardo all’ultima delle quali tu lettore puoi esigere certe condizioni, laddove riguarda la prima non puoi nemmeno osare di accampare alcuna pretesa, per un blogger come bisogna agire? Non esiste una distinzione tra sfera professionale e privata, per il semplice fatto che bloggare non è un lavoro. Però bloggare è un’attività informativa. Forma delle opinioni. E lo fa con la stessa sistematicità dell’informazione professionale.
A me sembra che non ci siamo mossi, con tutta questa storia di internet sociale, dai tempi in cui chattavi con mIRC. Quando un nick era una maschera e a seconda di quella scrivevi. Quando fingevi di essere donna per prendere per il culo i nerd (che poi, come sapere che erano nerd se tutto quello che di loro conoscevi era solo un soprannome?).
Adesso scusate, torno a leggere i miei blog preferiti... :-P
12 dicembre 2006
Un bel respiro...
Prima di iniziare a scrivere il fatidico incipit stavo pensando al mio rapporto con il fenomeno blog. Mi sono reso conto di quale fosse la cosa più intelligente che abbia trovato scritto su un blog, e di conseguenza mi sono chiesto perché diamine mi stessi buttando anche io nel mucchio - pardon, nella sfera...
Alla fine pensandoci su questi giorni, da quando ho schiacciato il bottone di iscrizione di blogger ad ora, non ho trovato un vero motivo (non ci aggiungo serio perché sarebbe ridicolo ^^). Sono molto belli quei blog, ad esempio, che si riescono a condensare tutto in una frase, di solito quella posta come sottotitolo. Del tipo "..cronache dal basso impero", oppure "la mia pazza pazza vita oltre il circolo polare artico". Di solito sono intriganti, soprattutto quando si tratta di un blog di testimonianze. Com'è la vita a Baghdad sotto le bombe - sia che le ricevi che le lanci (i blog dei soldati USA in Iraq mi hanno sempre molto incuriosito), com'è essere Re della Cambogia, e via dicendo. Tralasciamo poi i cari vecchi e sani intenti voyeuristici.. oppure l'autorevolezza dei commentatori.. di quello ci sarà tempo per parlarne.
Quanto sono deprimenti invece i blog scarni, quelli dei 15enni e delle 15enni che ci tengono a farti sapere che sabato scorso si sono ubriacati e hanno sbrattato. Oppure quelli azzoppati, il cui ultimo post risale, chessò, al 2004. Ti viene da preoccuparti, oddio, poverino, sarà mica stirato? Non si sa quanti ne esistano su internet, di blog così. Io sospetto che siano la maggioranza. Alla fine anche questo blog potrebbe incamminarsi su quei binari (Blogger permette di cancellare il proprio blog. Cosa che farò in tal caso).
Insomma, tutto molto bello, ma io? Potrei fare un bellissimo blog interessantissimo su com'è la vita per un Romano trasferitosi a Lugano (scusate un secondo, vado a prendere il laccio il cucchiaio ed il limone), oppure un blog beeeeellissimo in cui parlare e sparlare di quanto era cattivo Pinochet, ovviamente in confronto a Castro (oppure benissimo il contrario, a seconda dell'umore del momento), e via dicendo. Per non parlare di un utilissimo blog in cui postare a squarciagola "È uscito Firefox 2.0!!! Scaricatelo!!"..
In realtà questo weblog potrebbe essere tutto questo ed anche il suo contrario. Ora come ora l'unica cosa che ho capito è che tanto vale provare. E poi vedere cosa verrà fuori.
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