28 febbraio 2009

Giustizia


Friedrich Dürrenmatt ha descritto la Svizzera. In Giustizia, pagina 36. Altro non c'è da dire.

26 febbraio 2009

Un "eroe"

Sempre a proposito di nichilismo, la stella nascente dei Repubblicani, tal Bobby Jindal si prepara già alla campagna del 2012. In che modo? Ovvio, con un bel "State is the problem":
"The way to lead is not to raise taxes and put more money and power in hands of Washington politicians," Louisiana Gov. Bobby Jindal, who gave the Republican Party's official response, said in excerpts released early. The massive economic stimulus bill recently enacted by Obama and congressional Democrats, Jindal said, will expand the government, "increase our taxes down the line, and saddle future generations with debt."
Però è un eroe: non vuole prendere i soldi federali dello stimulus package per il suo Stato. Immagino l'euforia della gente a New Orleans! Il problema, da noi, è che l'Obama italiano è tal Matteo Renzi. Che ci pensa a lungo per la risposta sulla guerra in Iraq, ma sull'aborto ha le idee chiarissime.

UPDATE (03.03.2009): leggo che il PDL potrebbe candidare un ex-portiere della nazionale per contrastare il nostro Renzi, ad una non meglio specificata tornata elettorale. Non mi interessa nemmeno quale -- è importante? Un degno avversario direi.

25 febbraio 2009

Vecchia tattica

Narrator: Concurrently, the military banned long hair on males; mini-skirts; Sophocles; Tolstoy; Euripedes; smashing glasses after drinking toasts; labor strikes; Aristophanes; Ionesco; Sartre; Albee; Pinter; freedom of the press; sociology; Beckett; Dostoyevsky; modern music; popular music; the new mathematics; and the letter "Z", which in ancient Greek means "He is alive!"
solo che loro procedono a casaccio. Tutto per confondervi (Povia è il prossimo, alla voce: modern music).

Lettera alla madre

No, non siamo sempre di questo tenore: normalmente parliamo del tempo.

Su Baricco

Cara mamma,
Sono molto stupito dall'ingenuità della provocazione di Baricco. Da quel che mi pare di capire, il nocciolo del suo ragionamento è che i sussidi statali portino o abbiano portato – almeno in Italia – all'impoverimento del panorama culturale. Il mercato potrebbe autoregolarsi meglio, fermo restando il fatto che il pubblico andrebbe prima delucidato ("educato" pare brutto) dei meccanismi moderni della fruizione culturale. La proposta di Baricco riguarda il teatro, ma sono sicuro che in fondo in fondo riguardasse anche gli altri campi della cultura che ricevono sussidi statali.

Io tutto questo lo trovo profondamente ingenuo e, data la radicalità della proposta, anche un po' "sospetto". Non sa forse Baricco che il mercato – che sì, è tanto efficace nel generare ricchezza – ha anch'esso i suoi difetti, e che è lungi dall'esser la soluzione a tutti i mali? I mercati, ad esempio, possono incappare in situazioni spiacevoli: il regime di monopolio è il primo esempio che mi viene in mente. L'ideale del mercato autoregolantesi, in cui tutti gli attori competono tra loro in modo razionale, con la completa informazione disponibile a tutti e in ogni momento; è semplicemente una descrizione ideale e limitata di una realtà molto più complessa e in cui, solitamente, si vede che spesso agli attori piacerebbe molto di più poter far affari senza concorrenza. Baricco non è un economista – nemmeno io lo sono – ma lui certo sa di preciso cosa voglia dire essere un best seller: le librerie non si lasciano mai sfuggire i suoi libri (che io non ho mai letto peraltro: risulterò snob, ma se è quello il modo di scrivere di Baricco, penso di non essermi perso molto, dopotutto).

Condivido il fatto che lo Stato, per far prosperare un settore cui elargisce sussidi, debba essere in grado di operare una selezione giusta e sensata: data la situazione che egli descrive, riconosco l'urgenza dell'appello di Baricco. Qui arriviamo alla radicalità della proposta. Baricco non pare interessato a spiegarci per quale motivo la Cultura si presterebbe così bene alle logiche di mercato. È vero, l'industria culturale esiste e fa girare tanti quattrini, il che dimostra che i prodotti culturali sono commercializzabili. Ciò non vuol dire certo che la Cultura stessa possa o debba sopravvivere del solo libero commercio. Mi spiego, ma a questo punto dovrebbe esser chiaro a cosa miro: il libero mercato è bravo ad espandersi e ad innalzare il tenore di vita delle persone. Purtroppo è notoriamente meno bravo nel mantenere elevati livelli di qualità delle merci che produce. Non solo: non sta scritto da nessuna parte – e bada bene, nemmeno nel pamphlet di Baricco – che la Cultura in una democrazia debba essere in grado di fare a meno delle sovvenzioni statali. Una società in cui questa cosa avviene non diviene automaticamente una società migliore di una in cui ciò non avviene. Al contrario, io penso che in un modello come quello che auspica Baricco sarebbe mille volte più difficile che certe forme d'espressione artistiche venissero alla luce. Il motivo è semplice: in un'economia di mercato sopravvive il prodotto che supera la concorrenza degli altri prodotti, e questo Baricco non può negarlo (negherebbe forse la sua stessa carriera?). Un prodotto culturale non è necessariamente fatto pensando ad una relazione di concorrenza con altri prodotti, e secondo il mio umile punto di vista devono poter esistere opere concepite nella maggior libertà possibile. Per questo esiste lo Stato: per spendere quattrini in attività non direttamente remunerative ma ciò nonostante preziose per la collettività (i parchi pubblici, le fontanelle, producono forse ricchezza?!). Chi non riconosce una cosa del genere e pensa che tutte queste prerogative possano essere egualmente garantite dal libero Mercato secondo me dimostra solo una gran confusione.

Giungo alla conclusione riprendendo il mio giudizio di stupore iniziale. Baricco mi sembra veramente ingenuo nel proporre le virtù del mercato per qualcosa che mercificabile non sempre è. Talmente ingenuo da indurmi a pensare che il suo ragionamento sia condizionato dalla sua esperienza di autore di successo commerciale. Non ne ho parlato, ma ci sono altri punti del suo ragionamento che trovo semplicemente privi di senso: tra le tante voci del suo bilancio, da cui lo Stato potrebbe trarre i soldi per porre in atto il piano di riforma della scuola che Baricco propone, proprio dalle attività culturali questi doveva andare a pescare! Forse, conoscendo meglio degli altri l'economia della pubblica attenzione, Baricco ha organizzato la sua strategia in una maniera ben precisa – senza lasciar nulla al caso. Quale migliore stagno dove lanciare una pietra se non uno perfettamente immobile? Io però continuo a rimanere perplesso.

Baci

21 febbraio 2009

Per alzata di mano

E' triste vedere l'esercizio della democrazia utilizzato per legittimare decisione già prese.
  1. La direzione Nazionale del PD. Che Franceschini non azzererà nel "repulisti generale" che ha promesso, perché "eletta".
  2. «Fuori, un tipo distribuiva Europa gratis dicendo: “che, lo voi er giornaletto?”.» perfetta descrizione, da Gilioli.
Si potrebbe continuare, ma pare brutto infierire.

UPDATE (22 Feb. 2009) (ebbene sì, infieriamo):
La Direzione Nazionale oltre ai 120 componenti eletti dall’Assemblea Nazionale è composta da … [&]
segue un elenco di praticamente tutte le cariche del PD. Qui sarebbe da chiedersi se questi signori, una volta azzerate le loro cariche (come Franceschini promette), continueranno a far parte del CN oppure no. E comunque è stata l'assemblea stessa ad eleggere i restanti 120 membri (tra cui si possono trovare personalità del calibro di Dorina Bianchi, astenutasi in commissione sanità sul testo Calabrò), per cui dire che "sono stati eletti" è quantomeno fuorviante se non malizioso. Perché non chiedere all'assemblea se anche queste persone debbano essere cambiate?

Che Franceschini sia solo un pupazzo mi pare evidente. Il deficit di democrazia all'interno del Partito "Democratico" mi sembra penoso.

17 febbraio 2009

L'unica cosa

Mentre cucinavo le orecchiette, pensavo -- manco a dirlo -- al declino e alla caduta del partito democratico. Ho un'amica, su Facebook, che supporta attivamente il PD: comprensibilmente, adesso è molto abbattuta. Mi piacerebbe farci una chiacchierata, con questa mia amica. Ovviamente dal vivo -- non su FB. Spiegarle come mai non potrò mai dirmi del PD (ammesso che, nell'ipotetico futuro della mia immaginazione, il PD continui ad esistere), come mai il PD sia frutto di un'idea aberrante e stantia proveniente dagli anni '70, quella di unire definitivamente l'etica democristiana e quella comunista, che sì, per carità, avrebbe potuto certamente funzionare, visto il paese che è l'Italia, ma anche che il PD e Veltroni sono stati fregati dalla tempistica, per via di tutti i gli eventi avvenuti dalla caduta del governo Prodi fino ad oggi. Vorrei anche dirle che un poco la invidio, perché io invece mi trovo in questa specie di limbo, in cui vedo chiaramente che non potrò mai più votare PD [*], mentre dall'altra parte c'è qualcosa che più che i prodromi di una dittatura morbida mi sembra la vita quotidiana degli orchi di Angbad ai tempi del Silmarillion. Lei può essere triste per via del suo ideale, io non riesco nemmeno ad immaginarmi un futuro per la mia nazione.

[*] credo che in altri tempi, e più precisamente nell'immediato dopoguerra, non avrei mai votato PCI, sapendo che i patti lateranensi sono entrati nella costituzione per via di una genialata di Togliatti. Dire che sono in un periodo anticlericale è poco.

Minimalia

Un esempio emblematico di quel che è mancato al PD.
Ticino. Interno giorno. Oggi il Gran Consiglio Ticinese (quanto mi fa spaccare questa terminologia politica Svizzera: pare uscita dal libro Cuore) cassa la proposta della Lega (dei ticinesi) di modificare la legge edilizia in modo da vietare esplicitamente la costruzione di minareti.
Il leghista promotore della legge:
« Il minareto – ha sostenu­to Lorenzo Quadri – non è un elemento essenziale della mo­schea e dunque non capisco come si possa affermare che la richie­sta che avanziamo è lesiva della libertà di culto sancita dalla Co­stituzione. Quello che si vuole evi­tare è che in Ticino sorgano sim­boli di conquista territoriale, di una cultura estranea alla nostra, di una cultura, questa sì, che pone qualche problema per quel che riguarda il rispetto dei detta­mi della democrazia: bisogna in­fatti domandarsi se nei paesi isla­mici si possono costruire campa­nili o convertirsi facilmente a un’altra religione »
E una delle repliche è stata:
Dato che in al­cuni paesi islamici è pratica­mente impossibile edificare luo­ghi di culto cristiani, è giusto al­lora proibire da noi la costruzio­ne di minareti?
Semplice buon senso animato da un principio di fondo di uguaglianza. Me lo immagino, invece, quello che avrebbe tirato fuori Il PD per stigmatizzare questo leghista di turno: l'orrore della Shoà, la piaga delle cavallette, Barack Obama che disapprova, la questione sicurezza, che norme del genere non risolvono, e via dicendo, in un vortice di cazzate che alla fine avrebbero fatto passare il leghista di turno come una persona di buon senso e -- diciamocelo -- anche pragmatica. Dello stesso pragmatismo di quelli di Turate, per esempio.

9 febbraio 2009

In tutto questo

Io volevo solo dire: grazie signor Englaro.

Per dirti che hai torto, vecchio mio

Una volta stavo spiegando Civilization a due amici. Gli mostro il mio impero, tutto soddisfatto, e gli faccio vedere la schermata di New York -- diciamo New York -- con i grattacieli ed il SETI project. Gli dò giù sul paradigma del gioco, la lotta tra le civiltà, la fase manageriale, le scoperte scientifiche, e via dicendo. Poi uno di loro nota che nella mia NY c'è ancora il Tempio, l'edificio che, dopo la scoperta della pottery e della religione, è tra i primi che puoi costruire:
«non è mica tanto plausibile che ci siano ancora i templi antichi, se ti trovi nell'età moderna», dice lui: tutta la coolness di Civilization, puff, era già sparita.

Dovrei chiamarlo, uno di questi giorni.

1 febbraio 2009

E io? ah, sono italiano



La cosa più divertente è che lui canta "peccatcho, peccatcho", con l'errore di pronuncia dell'Italiano di un inglese. Che a me però fa pensare ad un italiano che prova a fare l'inglese che prova a fare l'italiano, tipo Montesano che fa la gentildonna inglese. Ma lui è Americano.