25 febbraio 2009

Lettera alla madre

No, non siamo sempre di questo tenore: normalmente parliamo del tempo.

Su Baricco

Cara mamma,
Sono molto stupito dall'ingenuità della provocazione di Baricco. Da quel che mi pare di capire, il nocciolo del suo ragionamento è che i sussidi statali portino o abbiano portato – almeno in Italia – all'impoverimento del panorama culturale. Il mercato potrebbe autoregolarsi meglio, fermo restando il fatto che il pubblico andrebbe prima delucidato ("educato" pare brutto) dei meccanismi moderni della fruizione culturale. La proposta di Baricco riguarda il teatro, ma sono sicuro che in fondo in fondo riguardasse anche gli altri campi della cultura che ricevono sussidi statali.

Io tutto questo lo trovo profondamente ingenuo e, data la radicalità della proposta, anche un po' "sospetto". Non sa forse Baricco che il mercato – che sì, è tanto efficace nel generare ricchezza – ha anch'esso i suoi difetti, e che è lungi dall'esser la soluzione a tutti i mali? I mercati, ad esempio, possono incappare in situazioni spiacevoli: il regime di monopolio è il primo esempio che mi viene in mente. L'ideale del mercato autoregolantesi, in cui tutti gli attori competono tra loro in modo razionale, con la completa informazione disponibile a tutti e in ogni momento; è semplicemente una descrizione ideale e limitata di una realtà molto più complessa e in cui, solitamente, si vede che spesso agli attori piacerebbe molto di più poter far affari senza concorrenza. Baricco non è un economista – nemmeno io lo sono – ma lui certo sa di preciso cosa voglia dire essere un best seller: le librerie non si lasciano mai sfuggire i suoi libri (che io non ho mai letto peraltro: risulterò snob, ma se è quello il modo di scrivere di Baricco, penso di non essermi perso molto, dopotutto).

Condivido il fatto che lo Stato, per far prosperare un settore cui elargisce sussidi, debba essere in grado di operare una selezione giusta e sensata: data la situazione che egli descrive, riconosco l'urgenza dell'appello di Baricco. Qui arriviamo alla radicalità della proposta. Baricco non pare interessato a spiegarci per quale motivo la Cultura si presterebbe così bene alle logiche di mercato. È vero, l'industria culturale esiste e fa girare tanti quattrini, il che dimostra che i prodotti culturali sono commercializzabili. Ciò non vuol dire certo che la Cultura stessa possa o debba sopravvivere del solo libero commercio. Mi spiego, ma a questo punto dovrebbe esser chiaro a cosa miro: il libero mercato è bravo ad espandersi e ad innalzare il tenore di vita delle persone. Purtroppo è notoriamente meno bravo nel mantenere elevati livelli di qualità delle merci che produce. Non solo: non sta scritto da nessuna parte – e bada bene, nemmeno nel pamphlet di Baricco – che la Cultura in una democrazia debba essere in grado di fare a meno delle sovvenzioni statali. Una società in cui questa cosa avviene non diviene automaticamente una società migliore di una in cui ciò non avviene. Al contrario, io penso che in un modello come quello che auspica Baricco sarebbe mille volte più difficile che certe forme d'espressione artistiche venissero alla luce. Il motivo è semplice: in un'economia di mercato sopravvive il prodotto che supera la concorrenza degli altri prodotti, e questo Baricco non può negarlo (negherebbe forse la sua stessa carriera?). Un prodotto culturale non è necessariamente fatto pensando ad una relazione di concorrenza con altri prodotti, e secondo il mio umile punto di vista devono poter esistere opere concepite nella maggior libertà possibile. Per questo esiste lo Stato: per spendere quattrini in attività non direttamente remunerative ma ciò nonostante preziose per la collettività (i parchi pubblici, le fontanelle, producono forse ricchezza?!). Chi non riconosce una cosa del genere e pensa che tutte queste prerogative possano essere egualmente garantite dal libero Mercato secondo me dimostra solo una gran confusione.

Giungo alla conclusione riprendendo il mio giudizio di stupore iniziale. Baricco mi sembra veramente ingenuo nel proporre le virtù del mercato per qualcosa che mercificabile non sempre è. Talmente ingenuo da indurmi a pensare che il suo ragionamento sia condizionato dalla sua esperienza di autore di successo commerciale. Non ne ho parlato, ma ci sono altri punti del suo ragionamento che trovo semplicemente privi di senso: tra le tante voci del suo bilancio, da cui lo Stato potrebbe trarre i soldi per porre in atto il piano di riforma della scuola che Baricco propone, proprio dalle attività culturali questi doveva andare a pescare! Forse, conoscendo meglio degli altri l'economia della pubblica attenzione, Baricco ha organizzato la sua strategia in una maniera ben precisa – senza lasciar nulla al caso. Quale migliore stagno dove lanciare una pietra se non uno perfettamente immobile? Io però continuo a rimanere perplesso.

Baci

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