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30 gennaio 2012

Contro-tempo

Piove sopra Zurigo, le nuvole avvolgono l'Uetliberg e coprono la città, formano il soffitto di un gigantesco salotto, comodo e calmo -- un po' umido magari -- ed io me ne sto davanti al computer a scrivere. Rigorosamente in contro-tempo rispetto al costume di scrivere dell'anno che si chiude a cavallo della notte di S. Silvestro, ora mi sembra il momento giusto per tirare le somme degli ultimi dodici mesi di vita.

Non è stato un periodo facile. Più o meno un anno fa passeggiavo lungo la Limmat, la mattina di un giorno lavorativo, e guardavo le vetrine dei negozi ancora chiuse. Avevo appena lasciato la posizione da ricercatore part-time al Politecnico. La scommessa era quella di dedicarmi a tempo pieno a finire la tesi di dottorato. Avevo rischiato l'esaurimento qualche tempo prima, quando mi ero reso conto che due mesi di lavoro ininterrotto non avevano portato a nulla, che ero ancora lontano addirittura dal poter iniziare a scrivere la tesi, e che c'era ancora una montagna di lavoro da fare.

Di racconti accademici dell'orrore ne ho sentiti parecchi, molti decisamente più estremi del mio che, in fondo, è stato semplicemente il frutto di un calcolo sbagliato da parte mia: iniziare a fare ricerca su argomenti nuovi senza aver finito prima il dottorato. Ho imparato molto dai quattro mesi passati al Politecnico Federale di Zurigo -- in particolar modo ho visto com'è la vita in un gruppo medio-grande, in un'università prestigiosa, e con obiettivi molto ambiziosi -- e quindi sono grato al mio ex-capo di avermi dato questa possibilità. 

I mesi successivi alla mia scelta sono stati un periodaccio, c'è voluta molta disciplina per non dare un calcio in culo a tutto e mettersi a cercare un lavoro da sviluppatore software, ma alla fine la scommessa l'ho vinta. Ho “difeso” (ahh, il linguaggio accademico!) con successo la tesi di dottorato lo scorso Dicembre di fronte ad un gruppo di professori dell'Università della Svizzera Italiana e a due ospiti esterni. Chi ha visto la presentazione ha detto che ero estremamente calmo.

Curiosamente, quest'anno è stato anche uno dei periodi più produttivi della mia carriera accademica. La fellowship estiva presso la Wikimedia Foundation a San Francisco, poi la partecipazione a SocInfo 2011 a Singapore. Adesso mi trovo con un paio di lavori ancora da pubblicare, tante idee in testa su possibili sviluppi della tesi, e la voglia d'aprire un nuovo capitolo della mia vita.

La vita, già. Non posso dire certo d'essermela spassata, qua a Zurigo, ma ahimè nemmeno d'aver fatto qualche sforzo per integrarmi. La mia testa è perennemente altrove e cerco di giustificare questa mia manchevolezza pensando che è probabilmente necessario spostarsi un'altra volta ed iniziare un nuovo capitolo di vita. Ci sono un paio di progetti in ballo, ma non sono questi il luogo e l'ora adatti a parlarne.

Questo blog ha compiuto 6 anni lo scorso Dicembre; celebrazioni non ve ne sono state e non ve ne saranno. Spesso mi trovo a pensare che dovrei bloggare di più, ma è un pensiero vano, visto che ormai sono abituato ai lunghi periodi d'inattività, e penso che vada bene così. Se l'attività del blogging si limitasse alla sola condivisione di foto di gattini, saggi di geopolitica, ed invettive pro o contro il governo, allora potrei chiudere questo blog immediatamente: Facebook svolge già questo lavoro in maniera egregia. Ma questo non è affatto vero. Quindi il diario rimane aperto. Assonnato come sempre, ma aperto.

27 settembre 2011

Roma vista da Casanova (XVIII secolo)

Da Calendario Romano, di Italo de Tuddo (ed. Golem, 1970):
Sapevo che Roma era la sola città in cui, partendo dal nulla, si poteva salire molto in alto; e non c'era da meravigliarsi, se io credevo di avere tutte le qualità necessarie; al posto del denaro, avevo uno sfrenato amor proprio di cui l'inesperienza mi impediva di diffidare.
Per fare fortuna nell'antica capitale d'Italia, bisogna essere un camaleonte capace di prendere tutti i colori dell'arcobaleno. Occorre essere flessibili, insinuanti, grandi dissimulatori, impenetrabili, compiacenti, sovente ignobili, falsamente sinceri. Bisogna sempre far finta di saper meno di quello che effettivamente si sa e parlare con un solo tono di voce. È necessario esser pazienti, controllare i propri gesti, ed esser gelidi come ghiaccio quando altri brucerebbero; se, per disgrazia, non si ha religiosità nell'animo, bisogna averla nella mente; una persona per bene, deve sopportare in pace la mortificazione di doversi giudicare un ipocrita.
Chi odia queste finzioni, farà bene a lasciare Roma e andare a cercar fortuna in Inghilterra.
Giacomo Casanova (1743)

27 luglio 2011

Intermezzo

Ci trovavamo a sorseggiare merlot della California Settentrionale, ieri, mentre le tentavo di spiegare quanto mi sembrasse una cosa buffa, a pensarci, che l'esistenza di un circolo di eccentrici pensatori futuristi come la fondazione the Long Now fosse esattamente una conseguenza delle leggi allometriche di tipo superlineare che avevamo appena sentito descrivere per bocca del prof. West.

Si tratta di una teoria affascinante, e l'eminente scienziato invitato dalla fondazione la studia da anni, nella speranza di svelare le leggi fondamentali che governano i sistemi urbani di tutto il mondo. Ma niente, proprio non voleva capire, deliziosa testolina vuota. Mandai giù in un sol colpo il mio bicchiere di vino rosso; dopo saluti e promesse di rivedersi al prossimo seminario mi incamminai fuori dal centro conferenze di Fort Mason. A poche miglia di distanza, avvolto dalla nebbia serale, il Golden Gate sorvegliava l'ingresso della baia. «Bella, questa San Francisco», pensai, e poi mi infilai nella notte, alla ricerca di un taxi.

23 giugno 2011

10.6.40

Have just heard, though it is not in the papers, that Italy has declared war…. [...]
This afternoon I remembered very vividly that incident with the taxi-driver in Paris in 1936, and was going to have written something about it in this diary. But now I feel so saddened that I can’t write it. Everything is disintegrating. It makes me writhe to be writing book-reviews etc. at such a time, and even angers me that such time-wasting should still be permitted. The interview at the War Office on Saturday may come to something, if I am clever at faking my way past the doctor. If once in the army, I know by the analogy of the Spanish war that I shall cease to care about public events. At present I feel as I felt in 1936 when the Fascists were closing in on Madrid, only far worse. But I will write about the taxi driver some time.
George Orwell. The Orwell Diaries. [*]

8 giugno 2011

Due volumi

Questi tizi qui hanno tutta la mia comprensione. Io una volta avevo iniziato a leggere «Addio alle Armi» in edizione tascabile Mondadori in 2 volumi partendo dal secondo e mi aveva colpito molto la tecnica di questo Hemingway, che ti cala nel mezzo dell'azione senza introdurre i personaggi. Bello.

6 giugno 2011

Tra parentesi

Io a questo referendum non andrò a votare — e lo dico con la stessa vergogna che proverei se avessi rubato le caramelle a un bambino e la madre mi sgamasse. Complicazioni personali, mancanza di soldi, tempo; sbadataggine; non mi sono iscritto all'AIRE per tempo per cui è andata anche l'opzione del voto per corrispondenza. Insomma, non prendetemi ad esempio, anzi, irridetemi pure. Sputiate sul selciato, qualora ci incrociassimo per strada. E mi si squadri malamente: sono stato un cattivo cittadino e tutto questo me lo merito.

Detto questo, chi l'ha detto che è difficile farsi un'idea sui quesiti referendari? Io per esempio, dopo aver letto l'ottimo articolo di Andrea Boitani e Antonio Massarutto su La Voce, ho cambiato completamente idea ed ho deciso che voterò (nella mia immaginazione) «no» ai due quesiti sull'acqua. Voterò (virtualmente) «sì» su nucleare e legittimo impedimento, ma tanto all'atto pratico l'abrogazione di entrambi i provvedimenti sarà poco più che un atto simbolico (ma anche i gesti simbolici contano, ah, se contano!)

Ad ogni modo, non è mia intenzione farvi cambiare idea sul referendum (nel senso del votare “No”, non dell'astensione): penso infatti che questo referendum a) otterà il quorum e b) vedrà tutti e 4 i quesiti accettati, per cui c'è poco da mettersi a fare campagna per il “No”. La storia (distorta, vedere link sopra) dell'acqua in mano ai privati (totalmente fasulla, vedere link sopra) tocca quelle corde fondamentali del cittadino che porta anche i tipi come Magalli a schierarsi, e si schierano i Magalli vuol dire che ci sarà un consenso bulgaro per il “Sì”.

Lo so, dovrei essere triste che nel mio paese una storia priva di fondamento si sia diffusa pandemicamente (visto che contagia sia le bestie di sinistra che quelle di destra) e ora ci stia portando a prendere una pessima idea in fatto di politiche pubbliche, ma lo stesso sono contento, perché i referendum abrogativi sono uno dei pochi strumenti di partecipazione diretta che abbiamo per deliberare su questioni di portata nazionale, e vale la pena che i cittadini riacquistino fiducia in esso, visto che da 24 anni non si riesce a farne andare in porto uno.

Tra parentesi, ma perché tutti vogliono votare “Sì”?

14 maggio 2011

Dal 27 Maggio, nei migliori cinema



Alcuni dei primi post di questo blog furono letteralmente spediti dal set di “Chrysalis”, il corto con cui 5 anni or sono Matteo & Daniele iniziarono la loro avventura artistica. Ora “Et in Terra Pax”, il loro primo lungometraggio, sta per sbarcare al cinema. È un film incredibile, che ha già girato il mondo in lungo e in largo, ma mai come ora si merita un grandissimo in bocca al lupo, e soprattutto un deciso e sentito DAJE!

29 marzo 2011

Elaborating a loss

It is always strange to realize that somebody has passed away, that literally a person has departed from your life for ever and that you will never see him or her again. It is even more weird when this happens to somebody that you knew only up to a certain point -- an acquaintance, if language can come to the rescue in trying to define somebody you couldn't say you were properly friends with, but whom you would have been more than happy to know more of, if only things had gone in a different way in life. Right, if only ...

During the past four years in Lugano there have been many people that ended up into this category and who are still there; I should really blame my shyness and inanity rather than any metaphysical agent like destiny or fate if I never went further than a few random chats over a beer or during the lunch break with all these fellows, but I guess I am a bit too severe with my social skill, which in the end -- let's admit it -- are pretty good for a PhD student in computer science -- a «nerd», as many in the big world would call me, a «geek» if you are a nerd yourself and you are discussing about the differences between the two terms on some internet forum. So no big remorse if I am not socially bulimic; I don't pretend this to be such a big confession for most of the people reading it anyway.

It is death that, however, comes and turns up everything, suddenly making all so complicate to grasp and accept. Leaving you to wonder how much you knew this person, how and in what way he or she mattered to you. I received news of the tragic death of Adina, a fellow PhD student (actually, PhD candidate) at my department, yesterday afternoon, while I was listening to a song by Dead Can Dance called «De Profundis» (I guess there is such thing as Destiny, at least for the sake of having something to hold accountable for for all the irony in things like this). I was in the middle of the lazy Sunday I had been longing for for the past five days -- five long weekdays -- and I was also «celebrating» the «mission» of having seen the exhibition of Giovanni Segantini's paintings in Basel the day before (that I go to the exhibition of the «painter of the Alps» and a friend of mine dies in a hiking accident is another point to the existence of our friend the Destiny).

It was a devastating news. Of course being in Zurich and not anymore in Lugano, in the social environment we both belonged to, has helped in fighting off the gloomyness (another time for the story of how I did not cry at the news of my grandmother's death when I was a teenager), but even in this sober mood things don't get easier to understand and elaborate. One thing is clear though: Adina was a unique person and she will be greatly missed. I don't think there is other message to take home here, and to anybody who accidentally got to spend five minutes reading this I deeply apologize: sometimes you just need to put thought in written form in the hope they will look clearer later. I'll try to read this some time in the future and see if the exercise has helped.

In the meanwhile: goodbye friend.

28 marzo 2011

RIP

Giovanni Segantini, Trittico delle Alpi: la morte
St. Moritz, Museo Segantini

In ricordo di Adina, che amava le montagne.

19 marzo 2011

Aiuto! Sono diventato un neocon?!

Devo dire che fa un certo effetto, a sette anni di distanza dall'Irak, a trovarsi dalla parte di quelli che appoggiano un intervento militare atto a sbolognare un dittatore.

13 marzo 2011

La storia d'Italia in un museo piccolo piccolo

Passeggiare per Roma regala sempre delle piacevoli sorprese. Uno dei posti più interessanti in cui mi sono imbattuto durante l'ultimo soggiorno nella capitale è il Mucrì, il Museo Criminologico del dipartimento di Amministrazione Giudiziaria del Ministero della Giustizia — alla faccia del nome buffo con l'accento sulla i. Il Mucrì si trova in via del Gonfalone, una viuzzia traversa a via Giulia, all'altezza della Direzione Nazionale Antimafia.

Il piano terreno è dedicato agli strumenti di tortura del passato. In mostra ci sono simpatici oggetti come questo qui:

Cintura di castità.

Bisogna dire che l'ergonomia è una scienza più antica di quanto lo si pensa solitamente. Su questo livello il pezzo forte è sicuramente la mantella di Mastro Titta, ma anche le ghigliottine fanno la loro degna figura; del resto come si fa a disprezzare un marchingegno il cui scopo è tagliare teste in maniera rapida, efficiente e moderna?

I piani superiori contengono cimeli dedicati a specifici fatti di cronaca del nostro paese. Alcune pezzi hanno un valore storico fortissimo, come la pistola con cui l'anarchico Gaetano Bresci assassinò Umberto I, detto il “re mitraglia” per via del modo di affrontare le rivolte di popolo:

Rivoltella statunitense “Harrington & Richardson”
cal. 38 S & W (9 mm) a cinque colpi.
Arma utilizzata per uccidere Umberto I.

Gaetano Bresci fu condannato al carcere a vita per regicidio; fu trovato morto impiccato nella sua cella meno di un anno dopo dalla sua incarcerazione. Le circostanze della sua morte sono tuttora misteriose e molti pensano che fu piuttosto vittima di un pestaggio troppo brutale da parte delle guardie carcerarie. Il sito del Mucrì glissa su questo dettaglio; è in casi come questo che non posso fare a meno di pensare alla verità presente nella battuta di Boris 3 sulle guerre puniche.

Le ultime stanze sono dedicate alla cronaca nera del dopoguerra: la saponificatrice di Correggio, la decapitata di Castelgandolfo, eccetera. C'è da dire che ai tempi i giornalisti di cronaca nera avessero più tatto e humour di adesso. La moda di chiamare le vicende col nome delle vittime (“il piccolo Tommy”, “Yara”) per mostrare vicinanza con esse mi ha sempre dato fastidio per il suo viscidume. Sarà che sono piccolo-borghese dentro.

Vedere la vetrina dedicata al colpo di via Osoppo mi ha entusiasmato. Ci sono persino le tute usate dai banditi il cui ritrovamento permise, dopo settimane di caccia all'uomo in tutto l'alto Italia, di catturare i malviventi.

La rapina di via Osoppo in Milano.

Il motivo del mio entusiasmo è che conoscevo già la storia della rapina di via Osoppo per via di un documentario molto interessante intitolato “Malamilano”, che parla della transizione della criminalità meneghina alla fine degli anni '50 dalla malavita del sottoproletariato urbano, la cosiddetta ligèra, al crimine organizzato vero e proprio. La rapina di via Osoppo fu uno degli eventi principali di quel periodo: il colpo fece molto scalpore per il modus operandi dei banditi, che usarono un'arsenale pesante, e per l'entità del bottino, 114 milioni di lire. Alla proiezione del documentario erano presenti due membri della banda. Avevano finito di scontare la loro pena da tempo e a quel tempo erano dei semplici pensionati. Uno di loro, Luciano de Maria, è morto l'anno scorso. Uno può leggere Fenoglio e Vittorini quanto gli pare, e lo stesso non capirà mai cosa devono essere stati quegli anni. Io me ne sono reso conto quella sera, ascoltando questi due vecchini parlare della loro infanzia in mezzo alle macerie della guerra.

Insomma, andate al Mucrì e vedrete un sacco di storia d'Italia.

11 febbraio 2011

Uno scossone

Ieri mi sono concentrato, ho evitato di aprire la Repubblica, un pasto frugale e ancora giù a studiare Ayn Rand, per tutta la notte. Poi questa mattina, all'alba, mi sono svegliato—mi ero addormentato sui libri: un sorso d'acqua, aperto la finestra, e mi sono affacciato per vedere com'era il mondo dopo la rivoluzione liberale. Ma non sembra cambiato granché.

Sarà che è nuvoloso.

4 febbraio 2011

Anita

A volte anche lo spam può mettere di buon umore:
I mean you deserv to be kept in a tresure box and admire .

26 gennaio 2011

Brockimania

Sabato scorso siamo usciti nel primo pomeriggio, alla ricerca di un'attaccapanni. Il piano era questo: trovare un'attaccapanni per l'ingresso. O così credevamo, perlomeno. A sera siamo tornati a casa con una piantana, un contenitore per il caffé, un paio di saliere, un libro di Friedrich Glauser, due fermalibri e due cornici di metallo. Niente attaccapanni, non importa. La caccia è andata bene e, per celebrare, per cena ci siamo cucinati pollo arrosto con patate.

Ma andiamo con ordine. Ho sempre pensato che la fascinazione degli zurighesi per le cose di seconda mano fosse una mia impressione. Una distorsione cognitiva dovuta ai miei gusti in fatto di ragazze, tutt'al più. E invece eccomi qua nel tempio del vintage. La Zürcher brockenhaus è la più grande dei brocki che io e il mio coinquilino Simon abbiamo visitato. Un intero edificio, posto vicino alla stazione, sul lato di Limmatstraße e del Museum für Gestaltung, per intenderci. Da fuori sembra uno squat, ma all'interno è spazioso e luminoso. Alla cassa si può pagare col bancomat, e ciascun piano è dedicato ad un'area della casa. Un bar e una libreria ben fornita all'ultimo piano permettono di rilassarsi e leggiucchiare qualche vecchio classico francese o sfogliare dei libri di fotografie—paesaggi—degli anni '80.

Che sia capitato in un'Ikea per hipster? Dopo la Zürcher brockenhaus, ci siamo diretti verso Hardstraße, che è la zona industriale e cuore del divertimento notturno Zurighese, con discoteche grandi e piccole. Hardstraße. La rampa della soprelevata che, ora che ci penso, mi fa pensare a quella della tangeziale di Roma, contribuisce all'aspetto urbano. Gli hipster che camminano alla sua ombra fanno pendant con essa. Ci avventuriamo in due brocki situati da quelle parti, uno persino con il DJ per allietare gli avventori.

Solo a fine pomeriggio (le 4!), dalle parti Haltstetten, piena periferia, troviamo un brocki che corrisponde di più alla mia idea un di robivecchi. È l'ultimo della giornata. In un parcheggio sul retro, l'ingresso di un garage, luci fioche, e una signora cinquantenne, che avvolge nella carta del giornale le mie due nuove preziose saliere. Niente DJ, niente bancomat. Incredibile! Il fascino di Zurigo è un po' tutto qua. Esplorare, andare alla ricerca di un bar, o di una libreria, o di un attaccapanni. Mi mancava la vita in città.

Rieccola qui, finalmente.

21 marzo 2010

Già, Zurigo non è molto differente da Lugano.

Questi tre mesi a Zurigo stanno volgendo al termine.

In realtà Zurigo non è tanto differente da Lugano. È vero: ci sono un sacco di locali; è vero, ci sono concerti, ristoranti, negozi e vita notturna. Ma come Lugano, forse come ogni altra città Svizzera che si affaccia su un lago, Zurigo trasmette, la domenica mattina, Quai General Guisan, un senso distinto di calma e pace: l'essere in un piccolo angolo protetto nel centro del tumultuoso mondo; arrivando finanche al senso di noia che ti attanaglia quando incroci queste coppie di signori ben vestiti, curati, splendidamente invecchiati nella loro indefinibile mezz'età.

Allora mi immedesimo nei panni dell'uomo a spasso con la sua consorte a braccetto, e non posso fare a meno di immaginare che questo signore sia un chirurgo affermato, ora benestante, ma che in passato sia stato in Africa con Médecin sans Frontières (si direbbe?) e nei sanguinari teatri di guerra asiatici. Ora passa la sua mezz'età dorata nella calma a comoda Zurigo, ma la sua vita è stata vissuta e spesa in maniera “eroica” (ma è un aggettivo ad uso degli altri, a lui non piace pensare alla sua gioventù in quel modo).

Questo mia fantasia è l'antidoto alla noia di un'esistenza – laurea, impiego in banca, il Venerdì sera teatro, il Giovedì circolo del bridge – che molto più probabilmente è stata quella di questo mio signore che incrocio la domenica mattina, mentre passeggio lungo il lago di Zurigo.

19 gennaio 2010

To blog or not to blog?

Da alcuni giorni mi trovo in un residence a Zurigo, Hottigen per la precisione. Come ci sono arrivato non è importante. Piuttosto, volevo parlare di questo grande problema che attanaglia la Blogosfera. Malvino ne parla ogni tre per due, c'è la moria dei blogger, stanno tutti su Facebook a imbellettarselo e lucidarselo (il profilo). Forma Mentis dice che ultimamente scrive male, non gli tira più, tutto colpa della crisi, che non è solo economica, ma anche di idee. Insomma, mala tempora nel digitale. Si rimane fedeli al mezzo, o si cambia al primo vento che soffia da ovest?

Io, ad esempio, ho preso a postare parecchio su Facebook. Link ai giornali, video, altri blog. E' più immediato, e certe volte posso seguire come i miei link vengano ripresi dalle mie conoscenze. E' vero, c'è una certa tendenza a non andare oltre la chiacchiera da bar, "l'è tutto un magna magna" e cose del genere, ma tutto sommato il mezzo si presta bene.

Il silenzio su questo blog è dovuto proprio a questo: scorrendo gli ultimi post, la maggior parte eran tutti centrati attorno a un link di Repubblica, un video. Un volta spuntata una migliore alternativa ecco la funzione esautorata. Trovare una nuova funzione, è questo il dilemma.

16 dicembre 2009

Buona resurrezione di Horus a tutti


Questo blog si è appena risvegliato. Abbiamo inteso un rumore, come di un forte colpo. Una bella tranva, per intenderci. Chissà se vale la pena di tornare a dormire, oppure no.

(in alto: come un dejà vu)

14 luglio 2009

Non è difficile

Facile aderire ad uno sciopero dei post quando si è in un periodo di astinenza. In compenso leggo molto.

6 marzo 2009

Facciamo progressi

Sei mesi fa non avevo un modello. Adesso non ho i risultati.

28 febbraio 2009

Giustizia


Friedrich Dürrenmatt ha descritto la Svizzera. In Giustizia, pagina 36. Altro non c'è da dire.