7 gennaio 2009

Trofie besciamella, zucchine e Aphex Twin

Ecco una cosa che, devo ammettere, mi sta mancando di Facebook: la possibilità di raggiungere 200 persone, molte delle quali delle imperfette sconosciute, con frasette del genere, piccoli spaccati di vita, o, all'occorrenza, di quello che uno vorrebbe far credere essere la propria vita.

Facebook non ti permette di cancellare il tuo account (rimuovere il tuo conto, nel gergo bancario che è stato mutuato per queste cose di internet per chissà quale motivo, mi chiedo io), e questo te lo dice en passant, facendoti notare che, qualora cambiassi idea, qualora volessi nuovamente prestarti al gioco delle amicizie dei tempi di scuola (pffff), puoi ricreare l'account usando la stessa email che usavi, et voilà, rieccoti nuovamente in pista.

Il primo dei due principi che formerebbero le basi con cui Facebook tratta la questione della privacy dice:
Devi avere il controllo sulle tue informazioni personali.
e cavolo, mi cadesse il soffitto in testa se non è vero.

Ma non è un caso che si parli di controllo e non di proprietà. All'atto pratico, i dati del mio account, i 200 sconosciuti e tutte le vanità che ho scambiato con loro nel corso di questi mesi, appartengono a Facebook. Vero, puoi prendere ciascuna di quelle informazioni e cancellarla, oppure decidere chi è tanto privilegiato da poter essere messo a parte del fatto che ti sei laureato con 105 in informatica, un livello di granularità con cui maneggi i tuoi dati mai visto prima in altri siti. Ma su Facebook non sei padrone della tua identità. Le informazioni su di te possono essere scarne, incomplete, volutamente sbagliate, ma formano pur sempre una persona; un persona che, guardacaso, nel 99% dei casi reca il nome di una persona in carne ed ossa del mondo reale.

Puoi metterti qualsiasi vestito tu voglia, puoi anche andare nudo. Ma non puoi non uscire a fare lo struscio. Facebook è il male, e devo dire che è affascinante.