15 febbraio 2007

Potevate dirlo prima, cari i miei architetti /2

Assistere a questa critica è stato, a suo modo, istruttivo. Non tanto perché adesso ho acquisito un insight nelle competenze dell'architetto. Non credo che sia così semplice, per quanto l'approccio che usano qui all'Accademia pare così soft che sarebbe più esatto parlare di sensibilità, più che di metodo.

Ad ogni modo, c'era sua eminenza Mario Botta. Il papà di tutti, qui all'accademia. Fondatore; ex preside; eminenza grigia della facoltà; potente architetto (Ticinese, obviously). E l'esame mica era il suo. No, macché, il titolare della cattedra, con i suoi paggi assistenti (mica un cretino insomma), era un tal Carmassi (ho dato un'occhiata a delle cose su internet, pure carine); e Carmassi dava ai suoi studenti l'opportunità di essere criticati da Botta in persona. Un grande onore, minchia.

Mi viene da pensare che mi è capitato un evento paragonabile, quando seguii due lezioni di Corrado Böhm, il professor emeritus del dipartimento di Informatica a La Sapienza. Hari Seldon per gli amici. Doc di "Ritorno al Futuro", se non avete mai letto La Fondazione di Asimov. Uno che una volta disse «quel giovane matematico Britannico di cui non ricordo il nome». Riferendosi a Bertrand Russell. Adesso, visto che vicino a casa mia c'è un cazzo di liceo, che porta il nome di B. Russell, se non altro capisci che il vecchio non sta propriamente su questo pianeta. E pure le lezioni che diede, non stavano su questo pianeta.. ma questa è un'altra storia.

Ma il punto è un'altro. Botta, durante la critica, era un potente tra i suoi adepti. E adulato; e onorato; e riverito. Böhm, un vecchietto simpatico che parlava di cose matematiche impazzite in un'aula mezza in ombra, con una decina di studenti scoglionati a seguirlo. E io non so voi, ma se c'è una cosa che detesto è vedere un uomo potente tra i suoi sottoposti. È il potere, che non sopporto. È la magnanimità, del potente di turno, che gioca a mostrarsi alla pari con gli altri, e gli altri sanno che in qualsiasi momento il gioco può terminare e che poi sono cazzi. E che tocca giocare, purtroppo, non ci sono altre opzioni. E quindi tu vedi due persone che interagiscono, si scambiano battute, espongono le proprie posizioni. Ma è tutta facciata. L'ultima parola è detta sempre dalla stessa persona. E lo capisci subito, quale sarà delle due.

Tornando a piazza Augusto Imperatore, ci sono stati momenti in cui avrei voluto rovinare la carriera di qualche studente d'architettura, durante la visione delle critiche. La traccia del progetto era chiamata "Il museo dell'eternità" o qualcosa del genere. Fattostà che quest'idea di eterno, di immutabile, aveva ispirato tutti allo stesso modo. Primo, eliminare la costruzione di Richard Meier. Secondo, prendere la povera Ara, e ficcarla sotto terra. "Essendo un reperto archeologico", sentivo più volte dire, "riportarlo nel terreno ridarebbe un senso di mistero all'ara". Botta continuava a dire che questo non andava bene, visto che l'Ara e la sua copertura attuale era "una casa dentro una casa". Seppellirla, oltre che metterla in un'altra casa, non era quindi una buona idea. Io avrei semplicemente detto "siete dei coglioni", ma mi sono subito reso conto che sarebbe stato molto meno educativo.

Il massimo s'è raggiunto con i progetti di due tizi che non avevano trovato di meglio da fare che abbattere 80 metri d'argine del Tevere per dare più apertura alla piazza. Uno di loro diceva persino d'aver fatto dei calcoli in cui si vedeva che non avrebbe portato ad alcuna conseguenza. Botta e Carmassi per un attimo - lo ammetto - erano rimasti perplessi. Poi hanno lasciato andare la cosa. Tanto il progetto è finto, direte voi, e avranno detto anche loro. Io cmq mi chiedo che razza di architetti possono venire fuori, se non gli si spiega che ci sono delle cose vincolate, che non puoi toccare, anche se sarebbe fichissimo toccarle. Che il Lungotevere è una via un poco trafficata, e se lo elimini per far posto alla tua piazza, a qualcuno potrebbe venirne a male. Che la gente preferirebbe evitare le inondazioni, ad esempio. Insomma, ho imparato molte cose, a vedere queste critiche.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

hahahaha.. riportarlo alla terra... certo pure alla Sapienza ne ho viste di stronzate.. ma non avevo mai sentito degli esami di architettura così assurdi..Il tipo che vuole abbattere il muraglione non ha avuto neanche un idea così campata in aria, considerando che lì, fino a che non costruissero gli argini, sorgeva il Porto di Ripetta(un complesso archittettonico del '700, rivestito col travertino crollato dal Colosseo!) che venne brutalmente sepolto sotto l'attuale Lungotevere.....io credo che sia troppo difficile progettare qlcs per un luogo che non si conosce di persona, forse se avessero avuto l'opportunità di passarci un pomeriggio nella Piazza, un paio di idee buon l'avrebbero partorite..

Junkie ha detto...

Il problema è che, a sentirli parlare, loro il viaggio in Italia l'avevano fatto! Poi considera che il genio dell'argine era un Piacentino se non sbaglio, non uno Schweiz. Però credo che avessero fatto un viaggio tutta la classe visitando varie città d'arte, con conseguente grande confusione mentale! Altri mescolavano idee prese da altri posti, tipo materiali dal duomo di Firenze, per farti capire.

Cmq il problema non è tanto se l'idea di abbattere l'argine sia filologicamente corretta o meno. Il problema è che non si può, punto. E a questo punto mi viene da pensare che è una fortuna che esistano gli ingegneri che devono metterci la firma, sul progetto. Insomma, forse nel '700 poteva andare bene avere Roma allagata, visto che era tutta campagna, ma ora?!

Anonimo ha detto...

Beh se ci sono stati allora mi viene proprio da ridere.... cmq non si discute sul fatto che l'argine sia lì perché DEVE esserci, e non credo neanche che sia così difficile da capire per un architetto, l'unica speranza è che si accorgano di aver sbagliato mestiere prima di fare delle porcate simili ;)