17 luglio 2007

Tutto ciò che appare

Volendo applicare la tesi 12 del libro di Debord (che miseramente sto lasciando da parte, questi giorni), non c'è da esultare particolarmente nell'atto di Repubblica.it di pubblicare questa lettera di sfogo, a seguito di una cover story del FT sul maschilismo all'Italiana. Dopotutto loro ogni giorno hanno in media due tre gnoccolone che fanno notizia, o non la fanno, poco importa, quindi...

La cover story del FT elenca molte cose che possono essere cause della condizione di disparità femminile in Italia, così come possono esserle di altre cose:

In the US you can buy milk and bread at any time, and in dozens of places. But Italians trying to shop on Monday mornings, or Thursday afternoons, or Sundays, or evenings, or lunch times, or early mornings, can be disappointed. Most banks are closed at lunch times and Saturdays. A supermarket will advertise on lampposts when it is going to be open on a Sunday, and then shut the Sunday after. And pity the parent – me, in this instance – pounding the streets at 7pm on a Sunday trying to find milk for his baby before bedtime. One pharmacy was open, but didn’t sell milk. There are no convenience stores. In the end I bought some long-life milk in a store where the staff were not speaking Italian.

In altri casi vede bagliori di luce in episodi che secondo me non sono altro che una riconferma dello status quo, solo un po' più impepati:
But for Preti, the student in London, Veronica Berlusconi’s indignant letter signified a stirring of change. “I believe that her bravery could be used as a springboard for Italian women… It is an example of a woman who does not want to accept her inferior status.”
Ed infine riscopre 2 delle famose 3 P dell'informazione, quelle di Dantiana memoria:
Barrera jokes: “If you have no idea [for a campaign], you can use a pair of tits, a baby or a puppy.” If that approach did not work with the public, there would be complaints. But there are none, the advertising executives say.
Insomma, che siano cause o effetti, non ne manca nessuna. Nulla di nuovo per capire il problema, o per tentare di risolverlo. Anche la lettera della lettrice di Repubblica, non è che aggiunga molto all'argomento. L'idea è: non sono le donne che hanno perso coscienza, sono gli uomini che ragionano con il cazzo. Da cui fondamentalmente ne deriva che il modello di Velina non è criticabile, come modello di vita, purché fatto con auto consapevolezza. Ci sta almeno una contraddizione tipo l'uovo e la gallina, in un ragionamento del genere:
Allora io mi chiedo, cosa dovremmo fare noi mamme italiane con questi ragazzini maschi? perché il problema sono fondamentalmente loro; annegarli da piccoli? buttarli giù dalla rupe tarpea della selezione intellettuale? fargli sistemare la cameretta già a 8 anni così da capire che la parola "maschio" andrebbe sostituita con quella di "persona"?
Dire che il problema dell'educazione del maschio/bambino sia proprio nel maschio/bambino stesso, mi pare una gran cazzata, bello scarica barile, sister. È vero, prendo alla lettera la metafora dei maschi/bambini e delle femmine/mamme e questo è un po' paraculo da parte mia, ma non è questo il senso dell'articolo? Il povero genere femminile che si è dovuto adeguare all'ottusità della società maschio-centrica. Continuo a sentire donne professioniste, dalla carriera difficile per l'unica colpa di essere tali, che ti dicono che non c'è nulla di male nel modello velina --purché fatto in maniera consapevole-- ma non ho mai sentito la Canalis fare lo stesso discorso. Sarà un caso? O devo leggere di più Anna o Donna Moderna? mhhh

Questo modo di ragionare è fatalista, e mi ha rotto il fatalismo. Quello che ti dice che l'Italia è già così una merda che: «e che ci vuoi fare?». La seconda frase solitamente è: «non ne vale la pena» (qualunque cosa si stesse riferendo), oppure «fatica sprecata». È questa la tendenza ad accontentarsi a spalare merda su qualcosa, e al tempo stesso a non muovere un dito; e mi ha stancato.

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